Come stai? Come stai vivendo questo periodo in Spagna?
“Personalmente sto molto bene. Mi trovo molto bene qui. Sono in casa, come tutti voi. Ho la fortuna di godermi le mie due splendide figlie come non ho mai fatto nella mia vita. Mi alleno come posso con gli attrezzi che la società mi ha messo a disposizione. In Spagna siamo andati tutti in quarantena prima rispetto all’Italia e per questo magari il contagio si è un po’ attenuato”.
La sfida contro l’Atalanta? Lo spogliatoio come ha vissuto questa sfida, con le polemiche per il virus? “Ringrazio la varicella (ride, ndr), non l’avevo mai avuta ed è arrivata al momento giusto. Sicuramente quella partita qualcosa ha fatto. Il ritorno è stato surreale per me e per tanti, giocavamo a porte chiuse. Non so neanche se doveva essere giocata quella gara, ci sono state squadre come Getafe e Roma che hanno deciso di non andare in trasferta per non favorire il contagio. Al Valencia ci sono stati dei casi, non ti so dire se è stato dato da quella partita, ma sicuramente non giocare forse sarebbe stato meglio. Si poteva limitare il contagio, ma questo solo Dio lo sa”.
Le differenze tra Italia e Spagna? “Il calcio qui è leggermente più aperto. C’è la stessa passione, ma non si vive come in Italia, soprattutto come a Roma. Per andare a Getafe abbiamo preso il treno, abbiamo parcheggiato distanti dalla stazione, abbiamo fatto un lungo tratto a piedi, abbiamo fatto la fila, abbiamo pagato il biglietto e abbiamo preso il treno normalmente. Non c’è quella passione che si vive a Roma. Un po’ più liberi? Sì, forse sì”.
Come mai hai deciso di andare all’estero, piuttosto che restare in Italia? “Nella mia testa c’è sempre stata la voglia di fare un’esperienza all’estero. È arrivata questa possibilità a gennaio, dopo aver parlato con mister Fonseca e mi ha espresso il suo pensiero e insieme abbiamo preso questa decisione, che secondo me poteva far bene a tutti. Ho chiamato anche Mancini per spiegargli la situazione e lui mi ha spiegato che a lui non interessava dove io giocassi, purché giocassi”.
Nella tua testa, Valencia rappresenta soltanto una parentesi? “Non lo so, ti dico la verità. Questo virus mi ha insegnato una cosa: sono un ragazzo che nella vita si è sempre fatto i progetti, questa situazione mi ha insegnato a vivere giorno per giorno, godendomi quello che ho. Sto giocando con le mie figlie, non penso a quello che farò dopo. Voglio pensare al presente, non posso dire cosa farò il prossimo anno. Ovviamente voglio finire qui la stagione al meglio, cercando di raggiungere gli obiettivi, poi voglio andare in vacanza, se ci sarà la possibilità e poi si vedrà. Affronterò tutto senza problemi”.
Interviene Rudi Garcia: “Ti faccio un grande saluto. Sarai sempre il mio coltello svizzero, quello che posso usare in situazioni differenti” “Sul “coltello svizzero”. È sempre stata una mia qualità ed il mister è uno sveglio come si dice a Roma, l’ha capito e mi ha messo terzino destro quando gli servivo, nel primo anno mi ha messo alto a destra. È un allenatore molto spagnolo, anche se è francese, gioca un buon calcio, sa tenere bene il gruppo. Ho un bel rapporto e ci sentiamo anche al di fuori, lo ringrazio e gli mando un abbraccio grande”.
Qual è il miglior Florenzi? “È quello quando sta bene, ha la testa libera e gioca felice. Se vogliamo parlare del ruolo, mi trovo molto bene da terzino. In una squadra che propone calcio ci sto bene. Se c’è un allenatore che in un determinato ruolo vuole un giocatore da un metro e ottanta, che non si alzi e non faccia gioco, è ovvio che dico Florenzi non può essere la tua tipologia di giocatore. Dicendo questo, non sto parlando di Fonseca o di qualcuno nello specifico. Mi trovo molto bene in un calcio offensivo, le mie qualità si possono vedere dalla metà campo in su”.
Da centrocampista e attaccante però segnavi… “Me lo dicono spesso i miei amici, però dentro di me scattano meccanismi interni, ci sono mille pensieri. Vedo il calcio in un modo e da terzino secondo me posso fare molto di più che da ala. Ho iniziato lì e mi piace, ma la verità è che a me piace giocare a pallone. Florenzi sta bene quando sta in campo”.
Quanto è stato importante indossare la fascia di capitano in una squadra come la Roma? “Ogni bambino ha un cassetto con dentro dei sogni. Io devo dire la verità, i sogni non finiscono mai ma io li ho esauriti quasi tutti. Volevo giocare nella mia città, volevo diventare un giocatore importante per la squadra che amavo, diventarne il capitano, giocare in Nazionale, giocare la Champions League. Mi mancano solo due o tre sogni nel cassetto. Voglio vincere qualcosa di importante sia con un club che con la Nazionale e giocare un Mondiale”.
Come hai vissuto questo momento di difficoltà con la Roma? “Portare la fascia di capitano alla Roma per me è stato un grande orgoglio, sono arrivato dopo Totti e De Rossi. Nessuno sarà mai come loro, da qui fino alla fine della storia della Roma. Detto questo, da loro io ho imparato una grande cosa: che la Roma viene prima di tutto e io ho cercato di fare questo, ho messo la Roma davanti a me. Ho continuato ad allenarmi a duemila all’ora come so fare io, senza dire una parola e rispettare i ruoli, le persone ed il loro lavoro. Il mister è stato molto chiaro. Devo dire che Fonseca secondo me è uno dei più grandi allenatori che ho avuto calcisticamente parlando, ci può stare che io non piaccia a lui in quel ruolo. Detto questo, ho un grande rapporto con lui, mi ha detto che non poteva garantirmi molto spazio”.
L’ultimo giorno a Trigoria? “Io sono molto attaccato ai tifosi della Roma e so che loro si affezionano ai romani. Non posso negare che per me è stata una botta lasciare Trigoria, non tanto lasciare Trigoria, ma le persone e le anime che ci sono lì dentro. In tanti sono cresciuti insieme a me, dai magazzinieri ai fisioterapisti ai baristi. Quella è la cosa che mi rimarrà sempre dentro al cuore. Sono persone che hanno vissuto insieme a te, che hanno vissuto momenti belli e brutti, dopo una sconfitta e dopo Roma-Barcellona. Ho in mente Roberto e Valerio che sono due magazzinieri, tifosi della Roma che quando avevo sbagliato un gol me lo dicevano e con cui scherzavamo. Ho lasciato tanti amici, una seconda famiglia per me”.
Interviene Zaniolo: “Ciao Ale, è da un po’ che non ci vediamo. Mi manchi tantissimo” “Ho conosciuto un ragazzo speciale. Appena arrivato era un ragazzo tranquillissimo, piano piano ha tirato fuori le sue qualità umane, oltre che a quelle calcistiche. L’ho preso sotto la mia ala protettiva, non gli ho mai parlato quando giocava bene, gli ho sempre parlato quando le cose non andavano bene. Quando non si allenava al massimo, quando aveva una partita storta o quando non giocava. Quello che ho passato lo sanno tutti, quando ho visto il suo infortunio ho sentito di fare quello che un amico farebbe per lui. Ho cercato di stargli vicino, andando in ospedale ed andando a casa sua. Ci sentiamo come abbiamo fatto fino ad ora, gli voglio tanto bene. So che è stato lui a boicottare l’Europeo (ride ndr)”.
La tua passione per gli eSports? “Sono due anni che sono diventato un socio, insieme a Daniele De Rossi, di una squadra di eSports che si chiama “Makers”. Sono la compagine più importante d’Italia, stiamo mettendo piede bene anche in Europa. È stata un’opportunità che i miei consulenti mi hanno dato, di entrare in una community importante e così è stato. Siamo entrati nel mercato finanziario. Chi gioca sono professionisti come noi, ma nel virtuale. Si allenano molto, forse più di noi. È stata una cosa che mi ha appassionato molto, perché da sempre mi piace giocare alla Play ed al computer. Sulla partita dell’altra sera: ci sono state varie cose che non sono andate (ride, ndr), ci siamo divertiti ed è stato un bel momento”.
Sul gol al Barcellona, è stato il momento personale più bello alla Roma? “Se dobbiamo parlare di momento strettamente personale, è stato il momento più alto. Parlando della squadra, invece, ti parlo delle gare contro Barcellona e Liverpool, arrivare a giocare una semifinale di Champions non è mai semplice. Questi sono stati i momenti più importanti nella mia carriera a Roma. Soprattutto le gare casalinghe”.
Quel gol l’hai fatto a Ter Stegen, il portiere più forte al mondo…
Secondo me non è il più forte al mondo, il migliore è Alisson. Le partite in allenamento finivano tutte 0-0, i portieri erano Alisson e Szczesny. Ho avuto a che fare con dei grandi portieri.
Tornerai a Roma o continuerai lontano dalla Capitale? “Ti dico la verità, non lo so. Aspettiamo che finisce il prestito al Valencia e poi vediamo”.
Una parte del pubblico ti ha criticato, perché? “Sì ho avvertito questa sensazione, ma non sono mai riuscito a dargli un motivo. Immagino e credo che nella mia carriera non troverò tifosi belli come quelli della Roma. Io non so se continuerò a Roma o le nostre strade si divideranno, ma posso dire che per me la tifoseria della Roma è fantastica e sarà sempre nel mio cuore”.
È vero che avevi rinunciato ad una mega offerta dell’Inter? “È una storia che inizia molto tempo prima, non ho rifiutato solo l’Inter, ma anche altre squadre italiane importanti. L’ultima che ho rifiutato è stata l’Inter, quando dovevo rinnovare con la Roma. In quel momento mi sono sentito di rimanere, sapendo che non avrei avuto la stessa opportunità dal punto di vista economico, ma in quel momento le emozioni che ho provato con la Roma hanno avuto la meglio. È stata una mia scelta, alcuni mi avevano consigliato di scegliere con la testa e non con il cuore, ma io in quel momento ho deciso di scegliere con il cuore e lo rifarei ancora”.
Sui compagni che sono andati via da Roma: qual è il rapporto con loro e hai cercato di convincerli a rimanere? “Penso che ognuno può fare ciò che vuole per cercare di convincere qualcuno a rimanere e lo fai soprattutto perché sei convinto che si tratta di qualcuno di forte e vuoi che i forti giochino con te. Detto questo, ognuno ha il suo percorso ed ha fatto ciò che era meglio per la propria carriera. Il rapporto con Pjanic, Manolas ed altri non è cambiato. Quello che hai vissuto insieme a loro lo porti dentro di te per tutta la carriera. A tutti i giocatori che sono passati per Roma posso solo che augurare il bene”.
L’esultanza con l’abbraccio alla nonna? “È un momento che mi tocca particolarmente, non voglio sminuire mia nonna, sia chiaro. Lei era la prima volta che mi veniva a vedere, tre giorni fa ha fatto 91 anni. Mio nonno era molto appassionato di calcio e ho sempre immaginato che vicino a lei ci fossero due persone, suo marito e l’altra nonna a cui ero molto affezionato. È venuto tutto molto spontaneo, ma non potevo immaginare tutto questo. Non voglio dire cattiverie, ma alcuni giornalisti sbagliano. Sono stati mesi per lei infernali, la chiamavano, andavano sotto casa, le avete fatto passare le pene dell’inferno (ride, ndr). Non è stato facile per lei il post partita”.
Sul gol in rovesciata al Genoa? “C’è il povero Mattia (Perin, ndr) in porta, gli ho fatto sempre tanti gol e quasi sempre belli (ride, ndr). Ne ho fatto uno in rovesciata, uno al volo e uno dopo una corsa dal centrocampo. È un gol bello, che rimarrà uno dei miei preferiti, anche se non il mio preferito. Il mio gol preferito è quello che ho fatto contro l’Udinese, lì dentro c’è tutto, reattività, istinto e tecnica”.
Arrivano i complimenti di un tifoso… “Intanto ti ringrazio. Questi messaggi fanno sempre bene, per come la vedo io, preferisco sentirmi dire questo rispetto a “sei un grande giocatore”. Speriamo di rivederci presto tutti quanti, di riabbracciarci, di riunirci anche in questo periodo con l’Italia, per dare un segnale forte”.
Un piccolo tifoso chiede: quando ritorno alla Roma? “Intanto ti dico che quando torno a Roma ci vediamo, ci facciamo una bella foto insieme ed una chiacchierata. Insieme decidiamo il mio futuro, magari mi dai qualche consiglio”.
Il rapporto con Mancini? “Ci siamo sentiti prima della mia partenza per Valencia, poi ho parlato con qualche suo collaboratore. Aspettavo di andare in Nazionale a giugno, ma probabilmente non ci sarà”.
Daniele De Rossi diventerà un grande allenatore? “Ho la mia idea, non so se dirla tutta. Secondo me diventerà fortissimo, ha le qualità calcistiche e umane per farlo. Ha personalità, una grande dialettica. Saprebbe parlare ad un gruppo, saprebbe farlo in varie lingue e calcisticamente parlando è un centrocampista ed è un po’ tutto. La frase più bella che lui mi ha detto è: “Ti piace giocare con uno in più eh? C’è n’è sempre uno in difesa e uno a centrocampo”. Eravamo in dodici. La sua intelligenza calcistica lo ha reso il grande giocatore che è stato. Potrà fare un grande percorso da allenatore”.
Sul protocollo della Liga? “Penso sia un protocollo buono, mi piace perché si ricomincia a vedere il campo che è quello che manca per chi è come me. Spero che sia fatto tutto nel migliore dei modi, cercando di non avere un contraccolpo, perché sarebbe una catastrofe. Immagino i problemi che potrebbero avere campionati come Liga e Serie A. Ci sono tanti soldi in ballo, tante squadre potrebbero fallire”.
FONTE: Sky Sport