Come vive l’incertezza sulla possibile ripresa della Serie A?
“Prima di proiettarsi verso questa scadenza, aspettiamo il via libera delle autorità per iniziare le sedute collettive. Poi, ovviamente, vorremmo essere sicuri del campionato. Tutto dipenderà, ne sono ben consapevole, dall’evoluzione della curva di contagio del coronavirus. È quindi difficile avere una data precisa. Ma nella vita quotidiana la mancanza di poter vedere tranquillamente gli altri è pesante e frustrante”.
Le sembra realistica la volontà dei club di ricominciare il campionato verso la metà di giugno? “Il presidente del sindacato dei giocatori italiani ha chiesto che i giocatori si allenino per almeno quattro settimane prima della ripresa. Condivido questa opinione. A Roma, anche durante il confinamento, abbiamo seguito un programma di mantenimento basato in particolare su corsa e rinforzo. Il club non ha risparmiato sui mezzi per offrirci le migliori condizioni di preparazione possibili. Lo stesso vale per gli altri club. Quindi, il periodo di un mese mi sembra sufficiente per non espormi al rischio di infortuni. La salute dei giocatori deve sempre prevalere. Lo teniamo tutti a mente”.
Come spiega che gli organi sportivi e le autorità pubbliche stiano faticando a trovare consenso? “Sono un giocatore di calcio. Non spetta a me decidere su questi argomenti. La situazione è già abbastanza complessa. Mi attengo alle istruzioni fornite dal mio club. Mi concentro sul mio mestiere. Cerco di andare avanti così”.
Sarebbe favorevole ai playoff per completare la stagione? “Di questi tempi si sentono molte cose. Se viene scelta questa formula, perché no. A mio parere, la soluzione migliore sarebbe quella di andare fino in fondo alla competizione e di giocare le ultime 12 partite. Ci adatteremo. Abbiamo anche in testa l’Europa League con un doppio confronto contro il Siviglia. A causa della diffusione dell’epidemia, non siamo andati in Spagna per l’andata degli ottavi di finale. Abbiamo preso la decisione più saggia”.
Non è stato irragionevole aver permesso a febbraio di far giocare Atalanta-Valencia a Milano con la presenza dei tifosi? “Totalmente. Il virus potrebbe essersi diffuso rapidamente in Lombardia. E’ tutt’altro che un caso che la città di Bergamo si sia ritrovata nel cuore della pandemia con un numero drammatico di morti. E’ stata pura follia aver permesso al pubblico di assistere a quella gara”.
E’ preoccupato per i casi positivi registrati in diversi club di Serie A come Sampdoria o Parma? “Tutti sono colpiti. Gli sportivi non sono risparmiati. Il virus non si ferma alle porte degli spogliatoi. Ci si impegna a rispettare le misure di distanziamento. Non c’è molto altro da fare per proteggersi. Non siamo al sicuro, naturalmente. Puoi andare a fare la spesa ed essere nel posto sbagliato al momento sbagliato e contrarre il virus…”.
Cosa ne pensa della ripresa della Bundesliga? “È stato un po’ strano. Vedere questi stadi vuoti, la mancanza di festeggiamenti, queste restrizioni dopo un gol. Il calcio è un’emozione da condividere con il pubblico. Non scendiamo in campo per giocare tra di noi”.
L’Italia è stata uno dei paesi al mondo più colpiti dall’epidemia. Ha avuto paura per la sua salute o per quella dei suoi cari? “Non per me. Per mia moglie e i miei figli certamente. Ho chiamato la mia famiglia in Francia ogni giorno. Dall’inizio del confinamento abbiamo spiegato ai più piccoli perché dovevamo stare a casa, perché ero lì tutto il giorno. I primi tempi sono andati bene. Abbiamo fatto dei disegni, organizzato una caccia al tesoro. Ma dopo due o tre settimane è diventato più complicato non uscire. La più grande mi ha persino detto un giorno prima di andare in giardino: ‘Papà, c’è un mostro fuori?’. Ho risposto: ‘Sì, ma non puoi vederlo, è una piccola bestia nell’aria’. Pochi giorni fa siamo riusciti ad andare davanti casa nostra per fare un giro. Per lei era come se fosse Natale a maggio. Era raggiante”.
La vita sta tornando alla normalità a Roma? “Roma è una città sempre affollata, vivace e felice. Durante questo periodo era quasi morta. Congelata. Sembrava un film catastrofico. Ora si sta riprendendo. Si vede già dal mio quartiere. Di solito c’è sempre rumore e vita. A marzo e aprile, quando ero in giardino con le mie figlie, c’era una sensazione di vuoto, di niente. Era strano, ma dovevamo conviverci. Ora c’è di nuovo movimento, le persone tornano a passeggiare. Sono felice persino di vedere passare di nuovo le macchine. Fa bene al morale”.
Se mantiene alto il suo livello con la Roma nella prossima stagione può essere chiamato per Euro 2021? “La Nazionale rimane un obiettivo. E’ in un angolo della mia testa. Sono fortunato a giocare in uno dei più grandi club italiani. Devo continuare a far bene per sperare di essere chiamato un giorno. C’è ancora molta strada da fare, ma perché no. Se dovessi essere chiamato, sarebbe uno dei giorni più felici della mia vita da calciatore”.
FONTE: Le Pariesien