Di che cosa stiamo parlando. Il 5 dicembre scorso la conferenza dei servizi ha dato il via libera alla costruzione di un nuovo stadio a Tor di Valle. Uno dei nodi, l’ennesimo è legato, ai fondi per la realizzazione delle opere di interesse collettivo nonostante i tagli imposti e la riduzione delle cubature a partire dall’eliminazione delle Torri di Libeskind. L’azienda interessata a intestarsi l’impianto Lanzalone lavora a un piano da 10 milioni di euro. Resterà deluso chi a Tor di Valle sognava di veder sorgere lo stadio Francesco Totti. Perché ci sarà pure un solo capitano, ma il nome dell’impianto — quando vedrà la luce (mai verbo fu più appropriato) — sarà un altro: quello di Acea, lo sponsor che presto potrebbe acquistarne i diritti. Molto meno suggestivo, per la tifoseria romanista, ma politicamente assai più significativo per i grillini che governano la città e, a cascata, la ricca utility dell’energia e dell’acqua.
La trattativa, ancora in fase embrionale, è rigorosamente top secret. A menare le danze con gli americani è il Mr Wolfe del Campidoglio, quel Luca Lanzalone che ha prima sbrogliato su ordine di Beppe Grillo la matassa burocratica che avviluppava il progetto ereditato dalla precedente amministrazione e poi, per ricompensa, è stato piazzato al vertice dell’unica società capitolina quotata in borsa. A patto però di proseguire col tutoraggio della giunta Raggi, specie sulle partite più delicate. È dunque in questa doppia veste — di angelo custode dei 5Stelle romani e di presidente Acea — che l’avvocato ligure con studio anche a Miami e New York sta portando avanti il negoziato con Kaithlyn Colligan, direttore commerciale per l’Europa di Raptor Group di James Pallotta. La proposta del patron giallorosso, già avanzata ai tempi di Marino ma allora rispedita al mittente, prevede un accordo piuttosto complesso, che Lanzalone sta ora valutando con banche e advisor. Per trasformare in Acea Stadium la costruenda e ancora anonima arena di Tor di Valle, l’azienda controllata al 51% dal Campidoglio dovrà spendere all’incirca 10 milioni l’anno: la cifra necessaria a comprare e a mantenere l’intitolazione. Tre giorni fa era stato Luca Parnasi, in un’intervista al Tempo, a confermare indirettamente l’esistenza di una trattativa. A precisa domanda — come si chiamerà l’impianto? — il costruttore in società con Pallotta aveva risposto: «Sono sicuro si troverà uno sponsor che acquisterà i diritti per il nome».
In compenso, Acea diventerebbe il fornitore ufficiale della cittadella romanista: la vicina centrale di produzione di energia — convertita al teleriscaldamento (district heating) dopo un lungo e costoso intervento di revamping — alimenterebbe infatti tutti i 212mila metri quadri di cubature previste. Oltre allo stadio, il business park, l’area commerciale, i parcheggi, annessi e connessi.
Ma non è tutto. Lanzalone, insieme all’ad Donnarumma, starebbe pure valutando un’altra mossa, la più azzardata: prendere in affitto una palazzina del business park dove trasferire, ma non prima di 4- 5 anni, tutti i dipendenti di Acea ora dislocati in quattro diversi edifici ( due a Piazzale Ostiense; altri due all’Eur), uno solo dei quali di proprietà. Operazione che consentirebbe di concentrarsi in un’unica sede, di risparmiare sui canoni di locazione e magari pure di realizzare una lauta plusvalenza dalla vendita dell’attuale quartier generale con vista Piramide Cestia: ceduto nel 2007 ma ricomprato nel 2012.
Siamo ai preliminari, eppure — a dispetto di qualche azionista — l’Acea Stadium sembra vicino.