Pure Amatrice gioca il derby. Con molti sussurri e poche grida. Perché non si può far finta di niente, anche se sono passati quasi quindici mesi dal quel maledetto 24 agosto del terremoto, la strada per riprendere a sorridere è ancora lunga. Sono lontane le estati in cui Amatrice era villeggiatura, gite e magari chiacchierate all’ultima battuta sul calcio mercato di Lazio e Roma. «Ma ci sono anche gli juventini», ci dice Alessio Bucci, della famiglia che gestisce il ristorante Roma dell’area food, di fede bianconera, quasi preso in contropiede dalla nostra domanda, ma subito pronto a organizzarsi: «C’è il derby? Me l’ero dimenticato. Ma qui si vede, certo che si vede, se vuol venire…».
TOTTI E ARTURO – È appena finita a scuola, un centinaio di metri più su, una lezione molto speciale. I ragazzi del liceo scientifico sportivo internazionale, fiore all’occhiello dell’Amatrice che riparte, hanno ascoltato il racconto di Arturo Mariani, uno degli azzurri della nazionale degli amputati, una fantastica esperienza che ha ricevuto pure i complimenti di Papa Francesco e del presidente Mattarella. Arturo parla della sua storia, della necessità di «confrontarsi con la paura perché oltre la paura spesso c’è la realizzazione dei nostri sogni». I ragazzi, ascoltano, qualcuno si commuove. Arturo, che viene da Guidonia, alle porte di Roma, si sofferma sullo scetticismo con cui all’inizio della sua storia sportiva ha dovuto fare i conti. Parla anche di quando ha consegnato a Totti il libro che ha scritto, «vita nova». E del ruolo di Damiano Tommasi in prima linea per aiutare e seguire da vicino la nazionale di Arturo. Arturo che, l’avrete capito, è tifoso della Roma: «Vinciamo noi, 1-0 gol di Kolarov». Un modo anche per rassicurare Valerio, uno studente giallorosso preoccupato: «Girano brutte voci: ma è vero che Nainggolan non gioca?».
LO STRANO LAZIALE – Intanto, diamo un’occhiata al campo da calcio che sta prendendo forma. E incontriamo Bruno D’Alessio, l’organizzatore dell’Amatrice-Configno, la corsa podistica che non ha mollato neanche quest’estate, nonostante la cittadina fosse ancora assediata dalle macerie (finalmente qualcosa si muove sul fronte della rimozione). «La corsa che ci ha fatto piangere», dicono le due ragazze del bar alludendo a quel «forza Amatrice» strillato da chi correva, fra gli applausi degli amatriciani ai bordi della strada. Bruno, lei è romanista o laziale? «Guardate che ho giocato sette anni nella Lazio, nel campionato riserve, io mi allenavo negli anni 50 alla Rondinella, dove il pomeriggio era nostro è la sera delle corse dei cani…». E la Lazio di oggi? «Forte. A me ne piacciono parecchi, ma per uno stravedo: Milinkovic». Bene, allora sarà un derby serbo almeno a giudicare da questa giornata di Amatrice. «Veramente un fenomeno, magari decide lui, anche se tutto sommato mi dispiacerebbe». Questa è clamorosa, un laziale che si dispiace di battere la Roma… «Ma io sono un laziale particolare. Insomma,se vincessimo noi mi dispiacerebbe perché anche la loro è una bella squadra». Il derby di Amatrice è davvero speciale.