Novembre 2008, novembre 2017. Dal Chelsea al Chelsea, ancora una notte con le stellette per la Roma. Questa Roma americana, per anni abituata a cure dimagranti in Champions League, improvvisamente si scopre capace di banchettare a caviale e champagne al cospetto della nobiltà d’Europa. Di Francesco riesce in ciò che aveva soltanto accarezzato due settimane fa a Stamford Bridge: battere i campioni d’Inghilterra, rendendo un incubo il ritorno di Antonio Conte in Italia. Ed è proprio il tecnico il simbolo di questa nuova repubblica. «Non sono sorpreso, anzi non avevo dubbi – irrompe l’attore Claudio Amendola – Dopo l’addio di Totti, Di Francesco in questa squadra è l’unico che ha vinto qui, perciò sa come si fa e lo vuole rifare. Da buon abruzzese è un tipo tosto, conosce l’ambiente, non si lascerà trascinare in polemiche inutili, non perderà del tempo a togliersi i sassolini dalle scarpe». Insomma poca nostalgia di Luciano Spalletti. Ancor più esplicito è il comico Maurizio Battista. «A me il toscano non era simpatico. Di Francesco è venuto dalla provincia ed in poco tempo, con estremo pragmatismo, ha saputo trasmettere ai giocatori la capacità di realizzare le cose semplici. La squadra è cambiata pochissimo rispetto allo scorso anno eppure sembra molto più matura».
Tutti in piedi per questa Roma, dunque, che sa aspettare, magari anche soffrire, per stordirti con un colpo solo, spesso mortifero. Una Roma che magari ruba meno l’occhio, per ora, rispetto alla gestione Spalletti, ma sicuramente molto concreta, senza troppi fronzoli. Ad immagine e somiglianza del suo allenatore. Ne è convinto l’ex calciatore Angelo Di Livio, che il giallorosso lo ha appena sfiorato da professionista ma se lo porta ancora nel sangue. «L’umiltà è la forza di questa squadra. Attitudine al sacrificio e personalità, come il suo allenatore. Ieri il Chelsea di Conte davanti a questa Roma sembrava un agnellino. Secondo me delle squadre di vertice è quella che ancora ha i margini più ampi di miglioramento»: Sogna il popolo giallorosso, ad ogni latitudine, in Italia come in Europa. Zibì Boniek conosce l’ambiente romano come le sue tasche e per questo è restìo a farsi travolgere dall’entusiasmo, pur riconoscendo le enormi qualità di questo gruppo. «C’è grande unità e concentrazione anche nei momenti di sofferenza, tatticamente è ben messa in campo. Il punto di forza, anche dopo la partenza di Salah, è rimasto sulle corsie esterne con El Sharaawy, Perotti e la spinta di Florenzi da dietro».