La prima sliding door della stagione romanista si è girata la sera di quel 16 dicembre, all’Olimpico, per Roma-Genoa. Di Francesco sul filo dell’esonero, dopo la brutta sconfitta di Plzen in Champions (non contava, per questo fece ancor più male) che arrivò a sua volta quattro giorni dopo l’inconcepibile pareggio di Cagliari, maturato negli ultimi secondi di una gara dominata per ottanta minuti e poi buttata nel finale, in undici contro nove. Un pareggio dall’acre sapore di sconfitta, un po’ come quello che la squadra avrebbe vissuto a Bergamo, 40 giorni dopo.
Ma la sera di Roma-Genoa c’era la sensazione del punto di non ritorno: in curva, uno striscione significativo ricordava i punti sin lì maturati (21 in 15 partite, appunto) col monito a svegliarsi presto. E la Roma lo fece, battendo il Genoa 3-2, al termine di una partita palpitante, con gli avversari due volte in vantaggio, poi superati nella ripresa e a un passo dal pareggio in un altro convulso finale (con Di Bello, l’arbitro che la Roma ritroverà proprio lunedì sera col Bologna, guarda un po’, che giudicò nei limiti del regolamento una spintarella di Florenzi a Pandev all’ultimo secondo, determinando la solenne arrabbiatura del neo tecnico del Genoa Prandelli). Ma alla fine si vinse. (…)
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