Alle sette della sera, ora italiana, Carlo Ancelotti chiama da New York, Palazzo di Vetro dell’Onu. E’ lì, insieme con Bill Clinton, ex presidente degli Stati Uniti e Marco Tardelli, goodwill ambassador dell’Associazione Diplomatici. E’, questa, un’organizzazione non governativa presso il Consiglio Economico e sociale dell’Onu: sviluppa programmi internazionali per studenti universitari e delle scuole superiori, italiani e stranieri. Dal 15 al 21 marzo, l’Associazione Diplomatici promuove il settimo CWMUN (Change World Model United Nations), uno dei più grandi forum studenteschi del pianeta. Per sei giorni, 3 mila ragazzi provenienti da 110 Paesi discutono di sviluppo sostenibile del mondo, simulando il lavoro dei delegati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Gli interlocutori sono personaggi dello sport, dell’economia, della politica, del cinema e della tv. Fra gli altri italiani invitati, ci sono anche Giuseppe Scognamiglio, vicepresidente di Unicredit e direttore delle rivista di geopolitica Eastwest; Francesco Messori, 18 anni, fondatore della Nazionale italiana calcio amputati Csi; Lorenzo Licitra, 26 anni, vincitore dell’undicesima edizione di X-Factor; Myrta Merlino, conduttrice de La7; l’ex magistrato Giuseppe Ayala; l’imprenditore Oscar Farinetti, fondatore di Eataly. Ancelotti è chiamato a intervenire sul tema: «Il talento e le regole». Scelta felice: 58 anni, 14 trofei vinti da calciatore, 20 conquistati da allenatore in 5 Paesi diversi, Carlo all’Onu entra con la qualifica ufficiale di «campione della vita e dello sport di livello mondiale». Non ci sono dubbi. Nel settembre scorso, due giorni dopo essere stato esonerato dal Bayern, il tecnico volò a Gerusalemme insieme con il manager Luca Scolari, promotore del centro sportivo polivalente costruito a cento metri dal Muro del Pianto e aperto ai ragazzi di ogni fede e nazionalità assieme ai quali Ancelotti ha trascorso un’intera giornata, riscuotendo il caloroso apprezzamento delle comunità ebraica, araba e cristiana.
NULLA E’ IMPOSSIBILE – Prima di lasciarsi inghiottire dal Palazzo di Vetro («Sono felice di vivere questa esperienza straordinaria»), l’ex calciatore della Roma che ha allenato la Juve e ha guidato il Real alla storica, decima Coppa dei Campioni, dopo averne vinte 4 con il Milan (due da giocatore e due in panchina), ha diverse cose da dire su Juve-Real e Barcellona-Roma. «Sarei banale se affermassi che il sorteggio non sia stato durissimo per le nostre squadre. Madridisti e catalani sono i favoriti per la vittoria finale, assieme al City. Ho visto in azione i Blancos a Parigi, dove hanno eliminato il Psg. Se, nella Liga, il Real è terzo, staccato di 15 punti dal Barcellona, in Champions è arrivato alla settima semifinale consecutiva, è la squadra che ha tirato maggiormente in porta in questa edizione, Cristiano Ronaldo ha raggiunto il tetto dei 117 gol. Però, questa Juve è un’altra rispetto a quella sconfitta per 4-1 nella finale di Cardiff dell’anno scorso. E’ più forte ed è molto consapevole della propria forza. Allegri sa ciò che deve fare: a Wembley, contro il Tottenham, ha firmato la partita perfetta. Il suo è stato un autentico capolavoro di tattica e di strategia: eppure, partiva dal 2-2 di Torino. E’ vero: la Juve non prende un gol dal 30 dicembre scorso, vanta la miglior difesa del campionato, ma puntare soltanto sulla solidità difensiva per eliminare i campioni d’Europa non basterebbe mai. Un gol, il Real te lo segna sempre, considerato l’attacco mondiale di cui dispone. Per contro, i bianconeri hanno Higuain e Dybala in grande condizione: stavolta, nell’arco dei 180 minuti, potrebbe non finire come in Galles. Nulla è impossibile. Senza dimenticare la motivazione psicologica che la squadra di Allegri avrà in corpo: il desiderio di rivincita si rivelerà un propellente formidabile».
BRAVISSIMO EUSEBIO – E la Roma, Carlo? «La Roma ha già compiuto un’impresa eccezionale entrando nei quarti di finale dopo avere vinto un girone di ferro, sovvertendo tutti i pronostici e tagliando un traguardo inseguito per dieci anni. Di Francesco è stato bravissimo: non dimentico che fosse al debutto assoluto da allenatore in Champions League». Come si affronta il Barcellona, come si può tentare di neutralizzarne il gioco e i suoi interpreti magistrali, a cominciare da Messi? «Non snaturando mai se stessi. Il pronostico, la storia dei due club, la qualità dell’organico catalano, l’eccellente rendimento in Champions e nella Liga, la classe immensa di Messi arrivato a 100 gol nella competiziome, le sole due reti subite dai blaugrana in questa edizione: tutto dice Barcellona. Ma…». Ma? «Conosco bene la Champions e so che non si deve mai dare nulla per scontato, anche quando affronti il club fra i più forti del mondo. A volte, un infortunio, un episodio imprevisto possono cambiare il corso delle sfide. Al momento giusto, Eusebio ha ritrovato Dzeko, Nainggolan e Manolas ai livelli migliori, mentre Alisson partita dopo partita si sta confermando un portiere eccezionale. Di una cosa sono certo: la Roma se la giocherà sino alla fine. Massimo rispetto per il Barça, però nessuna paura. E l’Olimpico la spingerà come solo l’Olimpico sa fare».