Ritiro numero 16, dice lui, «anche se con la matematica non sono bravo». E infatti non lo è tanto: il ritiro è il numero 17, però, Daniele De Rossi, si ricorda che la prima volta con i grandi aveva 18 anni e vedeva la Roma con lo scudetto sul petto da vicino, allenata da Capello. Sedici anni fa, come sedici è il numero della sua maglia, quest’anno un po’ più pesante delle altre. Perché «avremo tutti un po’ più di responsabilità»: ha smesso Totti, del 28 maggio è «superfluo parlare», racconta Daniele, ma del resto no. Parla da primo della classe a Roma Radio e Roma Tv alla vigilia della partita più importante di questo precampionato: la sfida alla Juve non è mai un’amichevole, anche se De Rossi considera «un po’ inutili questi impegni, perché io vorrei subito l’adrenalina da partita vera. Ma in realtà inutili non sono».
GIOVANE VECCHIO – A 34 anni appena compiuti, sarà per la prima volta il leader con la fascia ufficialmente al braccio, anche se, spiega «lo scorso anno lo sono un po’ stato, capitano, perché era logico che Francesco giocasse meno». Francesco, cioè Totti: tutti, De Rossi compreso, si sentono giovani vecchi accanto alla sua figura, perché «pensavamo fosse eterno» e invece il tempo passa per tutti. «Siamo tutti un po’ vedovi del nostro capitano storico: non cambia molto dal punto di vista tecnico, ma manca il simbolo, chi portava la gente allo stadio e questa è una responsabilità per tutti. Ora i tifosi ce li dividiamo, una volta erano tutti per lui. Non siamo eterni, nonostante lui lo sembrasse».
VOGLIA DI VINCERE – Non lo è neanche De Rossi, che sulla carta tra due anni saluterà tutti. Se lo farà davvero lo dirà il campo, intanto ha due possibilità per vincere quello scudetto solo sfiorato finora. L’obiettivo è chiaro, la caccia alla Juve è aperta, non sta a lui nasconderlo. E pazienza se l’inizio del campionato (trasferta a Bergamo e Inter in casa) non è dei più facili: «Quest’anno vogliamo provare a tirare su qualcosa di importante per i tifosi. Non importa se lo scorso anno siamo arrivati solo a 4 punti perché hanno tirato il freno. Noi siamo arrivati a quella distanza, ora vogliamo colmare il gap anche se sappiamo che la prossima stagione sarà ancora più difficile. Certo partire con 6 o 9 punti ci darebbe fiducia».
SPALLETTI – Salutato Spalletti («la partita contro l’Inter sarà particolare dal punto di vista ambientale», ammette), De Rossi ritrova Di Francesco dopo averlo avuto come compagno di allenamenti nel 2000, quando era un giovane Primavera, e team manager sei anni più tardi: «Lo conosco da tempo e in altre vesti, ma questo non conta. Sono uno come gli altri».
GIOVANI – A disposizione in campo, ma anche nello spogliatoio, punto di riferimento per i ragazzi. De Rossi ci tiene: «Quando ero giovane mi piaceva avere compagni più esperti che potevano darmi una mano e io farò lo stesso». Un nome, su tutti, quello di Ünder, che dopo aver stregato Monchi sta facendo lo stesso con i tifosi e, soprattutto, i compagni di squadra: «Non lo avevo mai sentito nominare, ma ci sta facendo capire perché la Roma ci abbia creduto». Una freccia in più per prendersi quel titolo di campione che rincorre da una vita.