Sul caso Strootman, di cui tanto si discute, abbiamo già detto la nostra con un articolo che ha acceso molte discussioni e accesi dibattiti tra gli utenti. In sintesi, il pensiero di chi scrive si può riassumere in due punti fondamentali: 1) l’olandese ha chiaramente simulato di essere stato colpito da Cataldi, compiendo un atto gravemente scorretto oltre che vile, e perciò dal punto di vista etico merita di essere condannato e squalificato; 2) il ricorso della Roma non è campato in aria, anzi ha più di un appiglio regolamentare (soprattutto se l’arbitro dovesse confermare di avere espulso il giocatore della Lazio per la trattenuta alla maglia del romanista e non per il presunto colpo alle spalle dell’avversario), quindi non ci stupiremmo se in appello la sospensione per due giornate dovesse essere cancellata.
Ciò premesso, è evidente che non condividiamo quasi niente di quanto affermato da Mauro Baldissoni, direttore generale della Roma, né quando sostiene che Strootman non ha simulato ma si è voluto proteggere (e chi gli crede?), né quando fa balenare l’ipotesi di un complotto anti-giallorossi (ripetiamo: il comportamento dell’olandese è assolutamente da censurare). Eppure le sue dichiarazioni, così forti e dure, hanno un senso, una motivazione, uno scopo: rispecchiano i sentimenti dei tifosi della Roma. I quali, storicamente (e in tanti momenti anche a ragione), si sentono poco protetti dal Palazzo e vittime di ingiustizie.
La società americana è sempre stata restìa a schierarsi dalla parte della sua gente. Non l’ha fatto, negli anni passati, quando il popolo giallorosso avvertiva la necessità di un’esposizione pubblica per contestare presunti torti arbitrali, né l’ha fatto nell’incredibile vicenda dello stadio Olimpico, abbandonato da migliaia di tifosi per protesta contro le decisioni delle autorità di dividere le curve con le barriere. I dirigenti della Roma hanno sempre mantenuto un profilo basso, sono stati impalpabili, quasi inesistenti, una volta per timore di turbare l’alleata Juve, un’altra per evitare contrasti con chi governa l’ordine pubblico in città. Dopo sei anni di melina, stavolta Baldissoni è andato all’attacco. Ha fatto, insomma, una cosa da romanista. Non possiamo non comprendere che si sia comportato così chi della Roma è tifoso da sempre e (soprattutto) dalla Roma viene lautamente pagato.
Ci ha stupito negativamente, al contrario, la reazione di Marotta. Non ci aspettavamo si facesse trascinare in una polemica che riguarda la Juve solo in modo indiretto. Ci saremmo attesi una replica elegante, signorile, quasi distaccata alle insinuazioni provenienti da Roma. Una frase tipo: sono i giudici a decidere se Strootman debba essere squalificato, noi non c’entriamo niente né ci interessa cosa verrà stabilito, siamo pronti ad affrontare la Roma con l’olandese oppure senza. Marotta l’ha invece messa sul piano personale, definendo Baldissoni – in modo un po’ sprezzante – “un tifoso”, come se fosse un difetto esserlo. La Juve, per la nettissima superiorità economica e tecnica nei confronti della concorrenza, ha il dovere di vincere lo scudetto a prescindere dalla presenza o meno di Strootman nello scontro diretto, anzi dovrebbe quasi augurarsi di vedere l’olandese in campo in modo da poter affrontare la seconda in classifica senza ombre, sospetti, polemiche.
Per una volta, insomma, Baldissoni batte Marotta. Chi l’avrebbe mai detto?