Un conto è trattare senza la necessità economica di dover vendere e un altro è avere una deadline – come è successo l’anno scorso con Salah – che ti costringe a cedere entro il 30 giugno. La linea ufficiale è difendere il lavoro del gruppo, a partire dall’allenatore, e non potrebbe essere altrimenti. Questo è il momento di stringere le fila. Il tempo dei giudizi arriverà a bocce ferme. Ci sono dei numeri, però, che non possono passare inosservati. La Roma ha 11 punti in meno dell’anno scorso e ha segnato 19 gol in meno. Era a -6 dalla Juventus e a +4 sul Napoli e adesso i punti di distacco dalle prime due in classifica sono 21 e 17. Un abisso. Sei sconfitte casalinghe in campionato vogliono dire che chi si è abbonato ha visto perdere quasi il 40% delle partite. L’unico giocatore che ha nettamente aumentato il suo valore è Alisson, l’altro (in misura minore) è Cengiz Under.
Di Francesco ha alibi fondati: il grande cammino in Champions è costato energie e punti; gli infortuni non sono mancati, a partire da quello di Karsdorp; a giugno è stato venduto Salah e a gennaio non è stato fatto mercato, anzi è partito Emerson per essere sostituito dal desaparecido Jonathan Silva. Però adesso ha gli stessi punti di Simone Inzaghi e, a inizio stagione, le due rose erano valutate in modo ben diverso. Per salvare il terzo posto (la Roma è davanti alla Lazio in virtù della vittoria nel derby di andata) è servito il gol di Ljajic in Torino-Inter. Un ex che ha limitato i danni in una giornata che poteva essere disastrosa. Il derby, a questo punto, diventa uno spareggio. Rudi Garcia vinse il suo contro Pioli, con il gol di Yanga-Mbiwa. Saprà fare lo stesso anche Di Francesco con Inzaghino? Sulla bilancia ci saranno anche le fatiche europee, ma, in questo momento, la Lazio sembra più brillante.