«Avevamo il dovere di anticipare i tempi. Di dare agli arbitri e al calcio europeo uno strumento importante per diminuire errori che possono costare caro ai club e agli arbitri stessi. L’abbiamo fatto». Si parte subito, dagli ottavi. La Var entra in Champions League e il nuovo designatore Uefa, Roberto Rosetti, già responsabile della moviola in campo al Mondiale, ci spiega la rivoluzione.
Era ora, no? «In questo calcio sempre più veloce, tecnico e difficile da “leggere”, è inevitabile ricorrere alla tecnologia. Un gol in chiaro fuorigioco o segnato con la mano non sarebbe più accettato. Non dimentichiamo mai, però, che la Var non è perfetta, non risolve tutti i problemi. In campo e al video ci sono sempre uomini che possono sbagliare, anche se con l’allenamento e la futura specializzazione del ruolo lo faranno sempre meno. Ma la Var sarà decisiva su situazioni oggettive come il fuorigioco: qui è impossibile pretendere la precisione umana in situazioni al limite. E si eviterà un paradosso inaccettabile».
Quale? «Che tutti in tempo reale possano rivedere quello che è successo, e l’unica persona che dovrebbe, per decidere al meglio, non può farlo. Sa cosa succedeva? Che a fine partita gli arbitri andavano subito a consultare i messaggi degli amici, per capire com’era andata. Purtroppo a posteriori». (…)
La Var le avrebbe fatto comodo al Mondiale 2010, quando il suo guardalinee convalidò un gol che sul megaschermo era fuorigioco… «Certo. Chiesi agli arbitri di Serie A di pensare ai tre errori più gravi della loro carriera e se avrebbero potuto essere risolti dalla Var: è risultato che la tecnologia avrebbe corretto il 94%. È sui gravi errori che si decide una carriera. Non c’è arbitro che non voglia la Var».
A costo di perdere centralità? «Non la perderà. Deciderà sempre lui. I Var al video possono solo raccomandare una revisione. Non ha senso che un arbitro possa prendere decisioni al buio, a meno che non siano oggettive. Deve rivedere, decidere e spiegare ai giocatori».
Come sarà l’arbitro di Champions? «Forte leadership e personalità. Utilizzo del Var e capacità di comunicazione. Deve sapersi mettere in discussione perché, in caso, deve avere la forza di cambiare la sua decisione. Naturalmente deve essere preparato tatticamente e tecnicamente, essere un atleta e saper gestire la sua “squadra”». (…)
Parliamo del protocollo? «Che dice clear and obvious mistake, cioè errore evidente e ovvio. Il protocollo è unico in tutto il mondo, ma poi bisogna applicarlo. Definisce il quadro generale e dice che la Var deve intervenire solo se l’immagine al video evidenzia un errore. Noi diamo linee tecniche specifiche per ogni categoria di situazioni. Ed è importante spiegare e comunicare agli addetti ai lavori ma anche ai tifosi. Prenda il fallo di mano…».
Non facile da gestire… «Quando il braccio è vicino al corpo, o in una posizione congrua della dinamica del movimento, non è da punire. Diverso se il braccio è distante dal corpo in posizione innaturale o all’altezza o, addirittura, sopra il livello delle spalle. Il difensore non può ampliare il proprio corpo utilizzando le braccia per fare ostacolo. La Var interviene quando l’immagine contraddice la decisione dell’arbitro e non coincide con le linee interpretative. L’Ifab sta lavorando per definire meglio il tutto».
E il fuorigioco? «In teoria è perfetto per la Var perché richiede una valutazione oggettiva. Abbiamo il miglior software in 3D, il Cross-Air, che definisce la proiezione del corpo sul campo nel modo più preciso possibile. Un problema quasi eliminato. E la tecnologia presto ci darà strumenti più affinati». (…)