«Odio la Juve». E non l’Estate, come cantò Bruno Martino nel‘60, anche se Radja, dopo l’Europeo, ha rinunciato alla solita vacanza senza freni a Ibiza, per restare a Porto San Giorgio accanto alla moglie in attesa della secondogenita. Nessuno dimentica, chiedete a Torino, lo spot del Ninja che piace tanto ai tifosi della Roma. E che oggi è anche lo slogan che accompagna l’inseguimento dei giallorossi alla capolista. Il video di qualche settimana fa avrà pure fatto discutere. Per l’esasperazione del concetto e anche perché detto in piena notte. Ma le parole, in quel filmato girato a tradimento, hanno la migliore conferma dai fatti.
Che sono, pure quelli, raccontati dalle immagini. In campo e non fuori della discoteca. Momenti di sport e non di violenza. Bellissimi, dunque. Sono quelli dei gol in campionato di Nainggolan: già 9 (il suo record). I 3 prima di Natale: per chiudere la partita a Reggio Emilia contro il Sassuolo, per fare altrettanto nel derby d’andata e per stendere il Milan. E i 6 di questi primi 2 mesi del 2017: per vincere a Udine, per partecipare al tiro al bersaglio contro la Fiorentina, per indirizzare il match di Crotone, per umiliare il Torino e per disintegrare, con classe (la prima) e di potenza (la seconda), l’Inter. Eccolo, finalmente inquadrato per quello che è. Testimonial e simbolo anti bianconero. E non a chiacchiere.
FUMO DI LONDRA – Di sera dà il meglio di sè. Non esce mai in maschera. Figuriamoci se si nasconde. E’ sempre se stesso. Originale e plateale. Basta tornare alla notte di San Siro. Oppure a quella di maggio, quando in via Veneto, si appartò in un albergo a più stelle con il ct azzurro Conte. Che lo avrebbe voluto, dai primi di luglio, con lui al Chelsea. Nainggolan disse no. Per restare qui. Proprio lo stesso rifiuto di quando, ancora giocatore del Cagliari, gli venne offerta la possibilità di trasferirsi alla Juve. Da lì sono nati i tweet al veleno, ancora attuali e sempre in canna, con i tifosi bianconeri. La sopportazione ha un limite e va tutta in quelle poche righe di botta e risposta. Che, tradotte in gol, hanno l’effetto desiderato. Perché la Roma, con le sue reti e le sue prestazioni, continua a tenere aperto il campionato.
VITA SPERICOLATA – Spalletti ha difeso il Ninja dagli sciacalli che lo hanno inquadrato con la sigaretta già fuori dal pacchetto e con la marcia ancora non in granata per raggiungere casa prima dell’alba. «Radja deve mangiare tanto, correre molto e dare tanti baci». L’allenatore lo porta come esempio. Perché sa che cosa gli garantisce in campo. «Vada pure al massimo». Di giorno, in allenamento e in partita, e di notte, quando decide di divertirsi. Al Toy Room o all’Os Club, dopo il rodaggio dei primi mesi all’Art Cafè. «Lo hanno ripreso quando io ho lasciato liberi lui e i compagni». Nessuna violazione al regolamento interno. Lucio e Radja, coincidenza anche nei nomi, illuminano la Roma dal 17 gennaio del 2016. Alla prima gara del tecnico, subentrato a Garcia, Nainggolan ha interrotto il suo digiuno.
Ha fatto centro, contro il Verona all’Olimpico, e non si è fermato più: 6 reti nelle 19 partite del girone di ritorno, prima di andare all’Europeo. Il ct Wilmots lo ha convocato, pur rimproverandogli, ironico e al tempo stesso severo, il fumo e il bere. Il percorso non da atleta, per capirsi. Più duro il nuovo commissario tecnico Martinez che lo ha fatto fuori all’ultimo giro: ufficialmente perché, dopo aver saltato la chiamata in nazionale per infortunio, è andato in campo con la Primavera. Adesso, su Facebook, i tifosi del Belgio lo vogliono titolare. Lo vedono spopolare nel nostro campionato e non capiscono perché Martinez abbia deciso di trascurarlo. «Parli chiaro, dica pubblicamente quello che pensa». Si chiedono il diretto interessato e i suoi seguaci.
CUORE DI MAMMA – Incide quanto Higuain da quando Spalletti lo ha battezzato trequartista: 12 gol stagionali (8 nel 2017, contando i 2 in Coppa Italia). Magari Conte, guardandolo dall’Inghilterra, ripensa alla forza d’urto di Vidal, sregolato forse più di Nainggolan. Che, ad esempio, sa quando deve rallentare, soprattutto dopo un’accelerazione come quella di San Siro. Spesso si rilassa sul litorale, a Ostia, fermandosi in riva al mare o semplicemente seduto al bar di qualche stabilimento. O nella sua villa di Casalpalocco, come è successo anche ieri, con la moglie Claudia, conosciuta a Cagliari e figlia di un comandante dei Carabinieri, o con le piccole Aysha (5 anni) e Miley (7 mesi), giocando con i suoi due cagnolini.
O magari passando qualche ora al Noname Store, il negozio d’abbigliamento di famiglia aperto all’Eur. Quando c’è la cresta da sistemare, si presenta il suo parrucchiere di fiducia dal Belgio. Il tatuatore è, invece, italiano. La rosa rossa che ha sotto il collo è stata partorita in un mese (tra marzo e aprile dell’anno scorso). Le due ali sulla schiena sono il ricordo della mamma fiamminga che, scomparsa 7 anni fa, resta al centro della sua vita (e della gemella Riana, ora protagonista nel calcio a 5), dopo la fuga del papà indonesiano che li abbandonò senza un perché. I tatuaggi continuano a fiorire insieme con i gol: Radja non conta più i primi, ma fa più attenzione ai secondi. Sono stilettate all’Odiata. Per fermarla.