Ha marcato il territorio con quel semicerchio da terra, fatto con la punta da ballerino e con i muscoli da boscaiolo per una scivolata tutta tigna e “palla mia” di quelle che rovinano il parquet dentro casa con tua madre che ti dice «sta’ bono». Bono fortunatamente Zaniolo non ci sta. La buona maleducazione di un ’99 sfacciato senza poter dirsi ancora un campione. Ha fatto un gol come quelli fatti dai ragazzini che hanno la convinzione di essere più bravi degli altri e che quindi prima o poi te lo fanno, o semplicemente con l’entusiasmo del ragazzino che c’ha solo un modo per giocare a pallone: giocare a pallone come fanno i ragazzini. Dando tutto, come fosse l’ultima azione del mondo, cioè prima che sempre tu’ madre ti chiami pe’ strillatte che la cena è pronta. O che c’è l’apocalisse. «Ok ma’, ancora 5′ e arrivo», ancora un’azione come fosse l’ultima e l’unica cosa da fare, il mondo può attendere mamma. Perfetto. Giusto. Così si vive la Roma. Questo è quasi romanismo applicato alla dinamica.
Tra Marinetti e Zaniolo con la Sud sullo sfondo a guardare da lontano quest’azione come una scintilla di un incendio che all’improvviso divampa. Perché poi la cosa più bella, forse, non è nemmeno questo gol esplosivo fatto con l’aratro piazzato sul proscenio, ma è l’esultanza, la corsa a braccio alzato, poi a braccia alzate, verso dove capita, strillando solamente, senza un attimo di indugio, senza un secondo di messa in posa, né di meta. Una corsa entusiasta, anarchica, libera e bambina eppure proprio per questo antica, vecchia, vintage, autentica. Romanista.
Come questa vittoria col Toro alla fine di una partita giocata sia da Roma sia da Toro, con noi che prendiamo troppo facilmente gol e che ci facciamo colpevolmente rimontare due volte, ma che stavolta ri-strappiamo e vinciamo. Sotto la Sud. Speriamo faccia bene aver scacciato i fantasmi della doppia rimonta subita da 2-0 a 2-2 con Chievo e Cagliari, speriamo sia servito per non rivederli più. Qualcosa sembra cambiato da un mese a ‘sta parte. Qualcosa. (…)
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