Jim Pallotta dà i numeri. «Adesso siamo tra le migliori venti squadre al mondo, vogliamo entrare tra le Top 10, ma senza uno stadio non possiamo». Gira e rigira, si torna sempre lì, all’importanza del progetto di Tor di Valle per completare il percorso di crescita della Roma. In una lunga intervista concessa al portale del club giallorosso, il presidente prova a rispiegare il concetto: «Se si pensa che io sia più ossessionato dallo stadio rispetto alla squadra, semplicemente è perché non passa il mio messaggio: è proprio perché sono ossessionato dalla squadra – dice l’imprenditore bostoniano – che ho questa determinazione a costruire lo stadio, per competere stabilmente a parità di condizioni con certi avversari».
Ma c’è tanto altro nella chiacchierata informale in cui Pallotta si racconta, tra passaggi a vuoto del passato e speranze future. «Se guardo indietro a questi primi sei anni – continua Pallotta analizzando la sua presidenza – alzo le mani e ammetto di aver commesso degli errori, ma penso che in alcune aree siamo riusciti anche a superare le aspettative. Centrare quasi costantemente l’accesso alla Champions, senza gli introiti provenienti da uno stadio di proprietà, ci ha aiutato a rendere la Roma un marchio globale sostenibile». Il numero 1 del club ammette anche le recenti sofferenze. «A volte in passato mi sono un po’ demoralizzato quando percepivo che qualche persona nell’area business non avvertiva la stessa urgenza di raggiungere i più alti livelli a cui sono abituato. Onestamente, gli ultimi sei o sette mesi sono stati difficili, a causa dei ritardi nello stadio: ci hanno riportato indietro di due, tre anni, ma ora stiamo facendo nuovamente progressi. E non è un segreto che sono stato deluso da alcuni risultati in questa stagione. Se riusciamo a sistemare certe cose, vedrete il mio entusiasmo salire alle stelle».
Pallotta parla di nuove sfide da affrontare anche nelle righe che accompagnano le slide inviate ieri a tutti i dipendenti con il nuovo organigramma societario: le novità più rilevanti sono note, Guido Fienga è stato promosso Ceo, Mauro Baldissoni è diventato vice presidente, mentre l’inglese Paul Rogers è ora «Head of strategy» mentre a breve arriverà dalla Juventus Silvio Vigato come capo del «brand». «Siamo finalmente riusciti a mettere su un buon team» dice Pallotta, che poi anticipa una sorta di testamento giallorosso: «Compio 61 anni fra due settimane e la Roma mi esalta ancora. Quando ne avrò 75 forse non starò più qui, ma non è un progetto a breve termine per me. Il giorno che avrò lasciato voglio che le persone sappiano che ho fatto tutto ciò che potevo».
Per adesso, le critiche non mancano. Idem i cori e gli striscioni allo stadio contro di lui. «Sono onesto, una volta mi faceva male. Ma ora non me ne frega niente, perché so che il lavoro su cui ci impegniamo da tanto è solo per il bene del club. Ci sarà sempre qualcuno che sosterrà come siamo interessati solo a vendere i giocatori per fare soldi e io mi dico: “Davvero? Non mi è entrato un centesimo in tasca dai trasferimenti”. Dite quello che volete su di me, ma supportate i calciatori. Non ho mai sentito un atleta dire che è stato veramente motivato dagli insulti». Chiusura sull’attualità: tra derby e Porto la Roma si gioca moltissimo. «Non chiedermi un pronostico, ma se giochiamo come so che possiamo fare, siamo in grado ottenere i risultati di cui abbiamo bisogno».