«Il problema non sono le cessioni, ma il modo in cui vengono reinvestiti i soldi incassati». Tra le tante frasi pronunciate nel corso dei mesi dal d.s. della Roma Monchi, per molti sicuro partente a fine stagione, questa gli sta tornando indietro come un boomerang. Perché se è vero che alcune cessioni sono state necessarie, lo è altrettanto che molti dei calciatori su cui la Roma ha investito tanti soldi in due campagne acquisti (considerando solo le sessioni estive di mercato), non stanno rendendo come i loro predecessori.
Olsen, ad esempio, non potrà mai essere forte come Alisson; Cristante, uno dei più positivi per rendimento, è ancora lontano dai migliori Nainggolan e Strootman, così come Cengiz Under non è Salah. Restando ai titolari, solo Zaniolo e Kolarov sono due operazioni «al di sopra di ogni sospetto», dal punto di vista economico e tecnico.
Nel derby in panchina c’erano Nzonzi, Pastore, Kluivert, Schick, Karsdorp, Coric, Santon, Fuzato, Mirante, Marcano e Perotti: a parte quest’ultimo, tutti gli altri sono acquisti di Monchi, per un totale di oltre 150 milioni di euro. Una panchina così ricca non può essere un limite per una squadra che (in teoria) dovrebbe arrivare in fondo in tutte le competizioni. Per questo a Trigoria, ma soprattutto negli Stati Uniti, si chiedono: sono acquisti sbagliati o è il tecnico che non riesce a farli rendere al massimo? (…)