Potremmo risolvere il caso Roma democristianamente (del resto un tempo fu davvero il partito di riferimento) allargando le braccia e constatando comunque il fragile equilibrio su cui la squadra, nonostante tutto, si regge ancora. La Roma ha avuto tanto, forse addirittura troppo, prima – e chi se l’aspettava una Champions così? – e sta avendo troppo poco adesso (nemmeno un quarto di Coppa Italia, il battere l’Atalanta in 10, uno straccio di 4° posto). Dove nel troppo poco c’è anche un’ombra di sfiga, di persecuzione, di destino cinico e baro, una nemesi che disillude ogni volta che si comincia a pensare, beh questa è veramente la volta buona. Condizione esistenziale comunque geneticamente ricorrente nel dna giallorosso dai tempi di Viola ed Eriksson. E che tutti i gestori successivi non hanno saputo eliminare, nemmeno il transoceanico zio d’America James Pallotta, che cura le cose proprie tra Boston e Londra, tra un match di Nba e l’altro. Ah, la Roma: sì, mi stavo dimenticando, ora ci penso.
Alla fine poi, pure lui, non farà cose molto diverse – comprare qualche giocatore a saldo, confortare il traballante allenatore, ordinare ramanzine nello spogliatoio – per spazzar via la precoce disillusione che ora sta attanagliando i tifosi, la squadra e il famigerato “ambiente”, quasi sempre il responsabile numero 1. Quello strano posto, l’ambiente, sospeso tra realtà e immaginazione dove tutto della Roma nasce e muore.
Può essere un Nainggolan alticcio e selfie-dipendente ad aver rovinato tutto? Può essere che il tenero Eusebio abbia perso il controllo, quel suo accumulare nervosamente attaccanti, ad esempio, mentre l’Atalanta imperversava all’Olimpico? Può essere che il marziano Monchi, catapultato a Roma dalla Spagna, ci abbia capito poco ed abbia venduto e comprato giocatori a capocchia (Schick per Salah) come capitava del resto già al boss Sabatini? Può essere che il presidente transoceanico pensi più allo stadio e ai massimi sistemi che alle questioni volgari e terra terra del pallone: chi gioca all’ala destra, il terzino, Strootman, De Rossi, Gonalons che perdono colpi, e soprattutto chi fa gol? E non sarà che alla Roma manchi ormai la fantasia e la scintilla di un vero campione? Può essere. Una sola causa non avrebbe provocato il tracollo, il perfido intreccio può farlo. Come sempre. I curvaroli si son dovuti fare monaci zen. Passerà, forse.