I gradi da capitano pesano sul braccio di De Rossi, al 17° ritiro con la Roma (anche se lui si toglie un anno, facendo i calcoli da quel 2001-02 a Kapfenberg) ma il primo con la fascia in esclusiva: «Siamo un po’ tutti vedovi di Totti. C’ è una responsabilità in più per noi, per me in particolare. È una cosa che doveva succedere: la nostra carriera non è eterna, anche se quella di Francesco lo sembrava. Le motivazioni me le dà l’amore per quello che faccio e per la Roma. Ho sempre lavorato per diventare qualcosa di importante per i tifosi e ora devo dare una sorta di equilibrio alla mia focosità in campo: la fascia può responsabilizzarmi di più».
A 34 anni è inevitabile sentirsi vicini alla fine di un ciclo: «Quando si è “vecchietti”, calcisticamente parlando, senti un po’ il tempo che sta per scadere. Una sensazione spiacevole lì per lì, ma bisogna conviverci. Ai giovani dico che devono godersi anche le “rotture” del ritiro, perché non è per sempre. Da ragazzo mi annoiavo di una cosa bellissima». Tra i baby che l’hanno colpito di più c’è Cengiz Under: «Non l’avevo mai sentito nominare, ma ci sta facendo capire perché la Roma ha investito su di lui. Tutti i nuovi mi hanno felicemente sorpreso, Gonalons e Defrel li conoscevo meglio, Kolarov non c’è bisogno di descriverlo. Salah e Ruediger erano l’anima dello spogliatoio, ma sono stati rimpiazzati da gente brava e di personalità». Daniele scalpita per ricominciare: «Ho l’adrenalina in corpo, la seconda contro Spalletti porterà tanta gente allo stadio. Quest’anno sarà ancora più dura, ma dobbiamo provare a colmare il gap con la Juventus e tirare su qualcosa di importante per i tifosi».