Ogni volta che la Roma lo faceva arrabbiare e qualcosa in campo non andava come voleva, Di Francesco si rintanava sulla sua panchina, seduto a riflettere nel posto che scotta e che, per almeno un’altra notte di delusioni e pensieri, si è tenuto stretto. La squadra ci ha creduto fino alla fine, per 120 minuti lunghissimi che potevano avere un risvolto diverso se l’arbitro avesse visto (o almeno rivisto) lo sgambetto su Schick in area. “Non lo so, non lo so – ripete De Rossi sconsolato da bordocampo – non ho visto l’episodio e non voglio parlare del direttore di gara. Il risultato va accettato per quello che è, la modalità è terribile perché siamo una squadra particolare, viviamo di alti e bassi, ma ho visto uomini seri che ci tenevano tanto e non meritavamo di uscire cosi. Sarebbe stato duro anche ai rigori, ma con un penalty ai supplementari è anche peggio. Io sono fierissimo di questi giocatori, a volte siamo un po’ addormentati, ma abbiamo tenuto l’attenzione alta contro una squadra forte”.
Su Di Francesco non si sbilancia, ma da portavoce dello spogliatoio manda un messaggio alla società sulla voglia del gruppo, che è quella che dall’alto volevano vedere: “Io rimango della mia opinione, al mister nessuno toglierà quello che ha fatto l’anno scorso e quest’anno in Champions, stavamo per andare per il secondo anno consecutivo ai quarti. Io non entro nel dibattito dell’allenatore, non qui davanti alle telecamere: deciderà lui, deciderà la società”. De Rossi il suo l’ha fatto in campo, finché ha potuto: ha interrotto il digiuno di gol nel momento in cui serviva di più, è stato perfetto dal dischetto e dopo quasi un anno a secco ha permesso alla Roma di restare in partita, di continuare a sognare la qualificazione.
Sugli spalti non c’era l’atteso Sousa, un’ombra in meno per Di Francesco e ormai vicino a firmare col Bordeaux, c’era invece il dirigente Francesco Totti, che prima del match la sua preferenza sulla questione panchina l’aveva espressa senza badare a formalismi da tv: “Penso che la squadra sia tutta con il mister. Lui ha un’adrenalina che nessuno può avere, io lo so perche lo conosco e lo vivo. Lo difendo non perché sia mio amico, ma perché sono un dirigente della Roma e lui è il mio allenatore. Lo difendo fino alla fine”. Parole inequivocabili che l’ex capitano ha pronunciato prima della battaglia di Oporto, da cui Di Francesco esce sconfitto ma con la speranza che la prestazione da squadra vera possa salvarlo comunque.
L’arbitraggio non può non fornirgli un buon alibi, Manolas è scatenato contro l’arbitro dopo la partita: “Abbiamo dato il massimo, abbiamo fatto una buona gara che alla fine ci lascia l’amaro in bocca perché potevamo fare il 2-2 con un paio di occasioni fallite davanti e passare il turno, poi ci fischiano un rigore contro e non ce ne danno uno netto a favore: in queste partite non si può sbagliare così, per me è una vergogna. Nemmeno è andato a vederlo. Quando la squadra dà il massimo non puoi lasciarla uscire così, non è giusto. Il contatto è netto, queste cose succedono solo a noi. Anche l’anno scorso ci hanno chiesto scusa, ma scusa non c’è nel calcio, adesso c’è il Var e devi andare a vederlo”. Il ricordo del Liverpool è ancora vivo, stavolta il sogno è finito ancor prima di cominciare.