Una sensazione che contrasta con i numeri. Perché se la coppia Nzonzi-De Rossi statisticamente dal via sa solo vincere (en plein 5 su 5 con Frosinone,due volte,Empoli, Lazio e Cska Mosca più i 38 minuti di Napoli, prima del ko di Daniele), la percezione che regala è quella di una mediana statica, compassata e passiva. È accaduto sabato, ma si era avuta la stessa impressione a Empoli, Napoli o nel finale con il Porto. E se con il Bologna l’ingresso di Daniele risistema in parte gli equilibri ,il gol di Sansone arriva comunque con i due in campo.
Sensazione che non muta nemmeno se Nzonzi e De Rossi vengono schierati con il 4-3-3: il flop di Madrid-con 30 tiri subiti in 90 minuti, 1 ogni 180 secondi -è lì a confermarlo. Si ritorna al quesito estivo quando ci si domandava se l’ex Siviglia dovesse affiancare Daniele oppure giocarci vicino. All’epoca il canovaccio tattico era il 4-3-3, senza deroghe. Il paradosso vuole che nemmeno con l’apertura al 4-2-3-1, i due sembrano una coppia.
Non è una questione di corsa: Nzonzi percorre di media 11,274 km: primo nella rosa. Nemmeno di palleggio, anche se nessuno dei 2 è un metronomo alla Pizarro. Figuriamoci se può esserlo d’esperienza. Semplicemente si tratta di dinamicità: se il 4-3-3 vede uno tra De Rossi e Nzonzi in regia, le due mezzali diventano propositive, portate a fare più il passo in avanti che indietro, più inclini agli inserimenti. Questione di caratteristiche.