Eusebio Di Francesco è presente alla giornata conclusiva del Festival del Calcio a Firenze. Nel pomeriggio arriverà anche il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, prossima avversaria della Roma. L’allenatore giallorosso è intervistato dal giornalista di Sky Paolo Condò. Ecco l’intervista:
Quali sono le differenze tra Sassuolo e la Roma? Dopo la tua esperienza a Roma ti saresti immaginato di tornarci da allenatore? “Assolutamente no perché la mia scelta all’epoca era di staccare totalmente dal calcio. Poi aver preso uno stabilimento a Pescara mi ha dato la possibilità di smettere e fare la vita dei miei genitori. Ma poi ti rendi conto che ti mancano tanti aspetti del campo e quindi ci vuoi tornare. La casualità ha voluto che io tornassi a Roma e credo sia per me una cosa unica. Lo faccio con grande voglia, ci sono pressioni differenti rispetto al Sassuolo. Le tue pressioni interne però sono identiche, perché dei risultati devi portarli da una parte e dall’altra. Gli obiettivi sono diversi ma comunque importanti.”
L’obiettivo della Roma è lo scudetto. Per te sarebbe stato uguale se fosse arrivata una proposta simile da altre squadre? “Avevo alcune opportunità ma è stata una scelta di sentimento. Roma mi ha dato tanto, ci sono molto legato. Questo è uno stimolo in più. Quando scelsi la Roma da calciatore è stata la stessa cosa perché io potevo andare in altre grandi squadre italiane, anche più blasonate, ma io ho scelto per la persona che più mi ha voluto, Franco Sensi. Io a novembre avevo già un accordo con la Roma. Mi lego tanto alle persone. Sarei potuto andare da altre parti ma non è scattata la scintilla.”
Come hai cambiato la tua mentalità da giocatore ad allenatore? “Ruoli totalmente differenti perché il calciatore è più orientato a se stesso, alla propria prestazione. L’allenatore ha una società alle spalle, deve gestire uno staff completo, tantissimi giocatori dove l’aspetto psicologico è fondamentale. Valutare le scelte di campo. Io sono subentrato da allenatore in situazioni dove si giocava 4-4-2. Non essendo incosciente ho cercato di inculcare le mie idee su un sistema di gioco differente dal mio. Potrà succedere ancora, l’importante è avere una filosofia di calcio. Comunque vi assicuro che sono due ruoli differenti. Un calciatore sul campo deve tirare fuori tutto quello che ha. L’allenatore dipende dai calciatori. Anche un calciatore ormai dipende dal mister e da quello che gli viene trasmesso”.
L’allenatore della Roma deve aderire al volere popolare o essere disincantato, ad esempio come Capello? “Il disincanto non è sinonimo di vittoria. Sono molto distaccato da altre dinamiche, se dovessi andare dietro alle chiacchiere farei ancora più errori. Non si vince sbagliando, ma si vince sbagliando meno.”
Come ha gestito la faccenda di Dzeko nello spogliatoio dopo la partita con l’Atletico di Madrid? “Ribadisco che ha sbagliato, ma al di là di Edin, per dare forza a un lavoro ci sono i risultati. E’ difficile, ma in generale e non solo a Roma. Altrimenti puntiamo sempre il dito contro i giornalisti e invece tutti danno retta a tutti. Se avessimo tutti un’unica idea ci sarebbe qualcosa che non va. E’ giusto esprimere il proprio giudizio con rispetto, non molti l’hanno fatto. Il tempo è fondamentale per trasmettere un’idea di gioco. Per far crescere un’azienda ci vogliono anni, figuriamoci una squadra di calcio. Ricordiamoci di Sarri e delle difficoltà da lui avute inizialmente, va dato merito a chi lo aspettato. Siamo partiti con un ritiro e una tournée in cui ci siamo allenati poco, abbiamo sfidato Psg, Tottenham e Juventus senza perderne nemmeno una.”
Il rapporto con i media è cambiato? “Ora dipende dai contesti, ci si avvicina meno ai giornalisti ma è la normalità, spesso si va più alla ricerca del pettegolezzo che dei concetti validi. I social hanno cambiato un po’ tutto, senza voler fare una critica. I particolari fanno la differenza. Vi assicuro che i giocatori leggono le vostre pagelle e questo può influire, magari si vive questa realtà con peso.”
Fino a qualche anno fa però si poteva assistere agli allenamenti. “A Sassuolo le porte erano aperte fino al giovedì, chiudevo le porte solo il venerdì per alzare un po’ l’attenzione nei calciatori. A Roma la situazione è diversa, abbiamo la nostra casa del Grande Fratello che è Roma TV. Poi a Pinzolo abbiamo avuto gli allenamenti aperti, vedo qui molti cronisti che erano lì a seguire il ritiro. A Sassuolo era un’ambiente diverso, c’erano pochi giornalisti.”
Nella partita dell’Italia contro la Macedonia hai notato la grande distanza tra reparto difensivo e centrocampo? “Sinceramente non l’ho vista. Non lo dico per non dare giudizi, ma il gioco di Ventura tende a far aprire il campo. Può essere un vantaggio ma uno svantaggio nel recupero immediato. Io vorrei sempre avere una squadra corta, il difensore tende ad essere pigro quando non ha la palla e questa cosa va alimentata con una maggiore partecipazione.”
Vuoi una fusione tra possesso palla e attenzione della difesa? “Chi attacca deve essere positivo, chi difende deve essere pessimista e aspettarsi sempre il peggio. Dire “non me l’aspettavo” significa non essere un professionista. Le transizioni sono immediate nel calcio, roba di centesimi, lavorare su questi aspetti è determinante.”
Quanto tempo utilizzi per l’analisi dei dati? “Gli do un’occhiata nel postpartita, senza avere troppi dati. Mi piace chi riesce a non prepararsi le domande, ma chi fa le domande in base alle risposte. Per me l’unico analista è il mister, il copia e incolla non esiste da nessuno. Il cambio di posizione di Nainggolan contro il Milan, quando l’ho messo sopra a Biglia, è stato motivato vedendo i dati dei palloni toccati. Lì è cambiata un po’ la gara.”
Ti sei già preparato per il Napoli? “Assolutamente sì.”
Vedendo la partita dello scorso anno magari la Roma meritava un pareggio? “Ricordo quella partita, ai punti il Napoli ha meritato la vittoria ma nel finale la Roma poteva fare 3 gol. Con il Sassuolo pareggiai al San Paolo.”
Puo già uno spareggio per la lotta scudetto? “Magari no, ma è una partita fondamentale. Ogni partita, piccola o grande che sia, la facciamo diventare importante, questa avrà un gusto particolare.”
Roma e Napoli sono un obiettivo da raggiungere per le altre? “La squadra da battere resta la Juve. Roma e Napoli sono quelle che si sono avvicinate di più, la Roma ha cambiato di più, in primis l’allenatore, ma non vuol dire che siamo meno competitivi, siamo qui per crescere. Ci dispiace non aver giocato a Genova, a livello psicologico un po’ pesa e a lungo andare può pesare.”
Cosa ne pensa di Schick? A me personalmente piace da impazzire? “Mi farebbe impazzire anche poterlo allenare (ride, ndr). Ma si vede che ha l’istinto del campione. Non sto a dire in che ruolo giocherà, magari cambierò qualcosa a livello tattico ma è un attaccante, non solo una prima punta. Dipende sempre dal sistema di gioco. Se andate a vedere le cose migliori alla Samp le ha fatte partendo dal centrodestra. Non diamo però giudizi affrettati. Ho allenato tanti giovani e vi dico che vanno aiutati.”