«Ma che risposta hai dato?». Allenamento di rifinitura a Trigoria: Manolas prende in giro Dzeko, a testimonianza del buon umore della squadra. «Non hai capito un cavolo di quello che ti avevano chiesto!». Manolas si riferisce alla conferenza stampa e in particolare alla domanda sul numero impressionante di gol segnati in stagione: 30. Ha sorpreso anche se stesso con i miglioramenti rispetto al primo anno di Roma? «Non penso mai al passato – ha detto Dzeko con un sorriso – ma a lavorare per fare meglio nel presente e nel futuro. Con questo atteggiamento magari contro il Lione posso segnare ancora e aiutare la squadra a superare il turno. La squadra ha bisogno di me e io voglio spingerla finché posso. Giusto mister?». Si gira ridendo verso Spalletti, perché sente il suo sguardo addosso. L’allenatore si lascia scappare un ghigno. «Ma non sono ancora cattivo come vorrebbe lui» aggiunge Dzeko, riferendosi alle critiche ricevute in passato per una certa magnanimità (verso gli avversari) in zona gol.
LA CORSA – In estate, nell’intervista al nostro giornale, Dzeko aveva fatto professione di modestia, spiegando che non era giusto chiedergli 50 gol, visto che la sua quotazione di mercato non era di 80 milioni. Ma adesso, con un mucchio di partite ancora da giocare, Dzeko è in lizza per la classifica dei cannonieri del campionato italiano, a -2 da Belotti, ed è in testa a quella dell’Europa League, in compagnia del brasiliano Giuliano (Zenit) e del maliano Coulibaly (Gent). Ai compagni, nelle scorse settimane, ha assicurato che «il meglio deve ancora venire». Evidentemente non si è ancora nutrito a sazietà. «Non voglio pensare che questa sia la migliore stagione della mia vita – sospira Dzeko – perché non è finita. C’è molta strada da fare, a cominciare da questa partita con il Lione che può portarci ai quarti di finale».
CREDERCI – Dzeko tira fuori tutta la sua esperienza, due giorni prima di compiere 31 anni, per dare la scossa ai compagni: «Tutti ci dicono che siamo una squadra forte. Beh, è il momento di dimostrare che siamo forti sul serio. Nel calcio niente è impossibile però tutti dobbiamo dare qualcosa in più rispetto a quanto accaduto ultimamente. Basta guardare cosa è successo a Barcellona la scorsa settimana. Ma io vado anche oltre, raccontando un ricordo personale». Era il maggio 2012, la Roma di Luis Enrique celebrava il suo tramonto in un caldo pomeriggio romagnolo, mentre Roberto Mancini vinceva un campionato incredibile con il Manchester City. Grazie anche a Dzeko: «Al minuto 91’ e 30” il Qpr vinceva 2-1. Poi io ho segnato il pareggio e nell’azione successiva Aguero ha fatto il gol del sorpasso. Abbiamo vinto così un titolo che al City mancava da 44 anni». Figurarsi se non è possibile battere 2-0 il Lione in casa propria. Certo, se ci fossero i tifosi… «Posso solo dire che con lo stadio pieno sarebbe più facile. L’abbiamo visto a Lione: loro ci hanno segnato 3 gol perché spinti dal calore del pubblico. Senza, non so se ci sarebbero riusciti».