Il momento di spiegare. Ecco la verità della Roma sul mercato di gennaio che ha mandato al manicomio i tifosi. La mancata cessione di Dzeko al Chelsea, il possibile sostituto Giroud che poteva arrivare, le partenze di Emerson e Moreno, offerte ricevute e rispedite al mittente (El Shaarawy e Strootman), altre mai arrivate (Nainggolan e Alisson). E poi il fair play della Uefa come obbligo da rispettare malvolentieri, il futuro della squadra, l’allenatore per adesso non in discussione, i progetti di Pallotta e le sensazioni di Monchi dopo 9 mesi vissuti a Trigoria e già usuranti. Il giorno dopo la chiusura delle trattative, i dirigenti decidono di mettere il punto. E raccontare un po’ di cose per arginare lo tsunami di informazioni, commenti e frustrazioni che travolgono la Roma. Monchi parla al fianco dell’unico acquisto Jonathan Silva (prestito con riscatto obbligatorio all’ottava presenza), che è arrivato reduce da un infortunio al ginocchio, sarà pronto tra un paio di settimane e potrà dare una mano solo in campionato visto che nella nuova lista Champions inviata ieri all’Uefa non è stato possibile inserirlo: unica aggiunta (in lista B) il giovane Capradossi rientrato in anticipo da Bari e, al momento soltanto numericamente, il sostituto di Moreno. «Abbiamo completato il mercato di cui la società aveva bisogno. Moreno – spiega Monchi – voleva giocare in vista del Mondiale, Emerson quest’anno ha fatto una sola partita (e la Roma l’avrebbe venduto prima al Liverpool se non si fosse infortunato, ndr), Silva lo seguivamo da tempo, mentre Blind ci è stato offerto 3-4 giorni fa ma abbiamo scelto di non prenderlo. Alisson? Non sono arrivate offerte».
Ma la Roma non l’avrebbe comunque venduto adesso, in estate chissà: si muove il Real. E Dzeko? Nel suo caso le spiegazioni arrivano a telecamere spente, in un successivo incontro con la stampa a cui partecipano anche l’Ad Gandini e il Dg Baldissoni. Un lungo momento di approfondimento a 360° sulla Roma, per scoprire ad esempio che il Chelsea non è mai stato convinto al 100% di prendere Dzeko e alla fine ha acquistato il giocatore che avrebbe potuto sostituire proprio Edin a Trigoria: Giroud, pagato all’Arsenal 17.5 milioni più 2.5 di bonus, era uno degli obiettivi segreti di Monchi. Insieme a lui ha pensato a Batshuayi, offerto dallo stesso Chelsea e finito al Borussia, oltre avari profili di attaccanti esterni. Ma lo Schick di oggi (anche se sta meglio e tornerà tra Benevento e Udinese) non dà sufficienti garanzie per il ruolo di centravanti. Così, in fondo, la Roma ha motivi per essere felice della permanenza di Dzeko, che ieri ha giurato: «Roma è casa mia, c’è stata una trattativa ma sono state dette tante falsità e sono contento di esser rimasto». Nelle ultime ore di mercato sarebbe potuto partire un altro attaccante: Monchi ha valutato un’offerta ricevuta il 29 gennaio per El Shaarawy, a quanto pare del Napoli. La Roma ha chiuso le porte sia per lui che per Strootman, mentre su Nainggolan, al di là delle parole di qualche intermediario, nessun club cinese ha mai inviato una proposta formale. A giugno ripartirà la giostra del mercato, salvo un salto (impossibile) dei ricavi sarà necessaria almeno un’altra cessione importante. «Ho detto di aver scelto la Roma perché pensavo che qui si potesse vedere il vero Monchi – ricorda il diesse – fino ad oggi è stata la mia frase più vicina alla realtà. Se leggete il libro che parla di me, capite la mia storia: Monchi vende e compra tanto. E questo sto facendo». Insomma Pallotta non gli ha assegnato missioni impreviste. Lo spagnolo sapeva bene cosa avrebbe trovato qui, una squadra che tenta di essere competitiva e per farlo ha una sola strada: investire continuamente su «futuri campioni» e vendere qualche pezzo pregiato in ogni sessione di mercato per pareggiare con le plusvalenze lo sbilancio tra costi e ricavi.
Una strategia che cambierà solo quando andrà a regime il nuovo stadio. Oppure se la Uefa cambierà il Fair Play Finanziario, che a Trigoria vedono come un regolamento sbagliato e un freno alle ambizioni di chi, come Pallotta, sarebbe pronto a coprire di continuo le perdite pur di crescere. D’altronde da quando è proprietario della Roma ha immesso nel club 200 milioni di euro, ma nell’ottica dei conti per il Fair Play questo non conta. Di Francesco? «Non è un tema – assicura Monchi – non devo dire niente, posso solo aiutarlo giorno per giorno. Per me è difficile fare una riflessione oggi che siamo quinti, con sette partite di fila senza vincere: nessuno può essere contento. Questa squadra ha tante qualità, li vedo tutti i giorni, ma bisogna capire che i tifosi sono arrabbiati: è arrivato il momento di stare un po’ più zitti e lavorare meglio». I dirigenti, forti dei dati ultra positivi sulla condizione fisica, sono convinti che il problema dei giocatori sia mentale, schiacciati tra complessi, paure, frustrazioni per le mancate vittorie e quell’obbligo di dare la vita in campo che la Juve riesce a trasmettere a chiunque arrivi e la Roma no.