«Dzeko, Dzeko». I cori alla stazione Termini sembrano tanto suppliche, nascoste dietro a un incitamento. Tutti sanno tutto: il Chelsea, che vince a Brighton con un’azione pazzesca finalizzata da Willian, la Roma che assicura attraverso Monchi di non essersi assopita, il giocatore, i giocatori, il capitano, l’ex capitano. E guarda un po’. Proprio il dirigente di più fresca formazione, Francesco Totti, davanti alla Freccia giallorossa in partenza per Milano se ne esce così, indicando Dzeko: «Ma questo treno va a Londra?». Dzeko, grande centravanti e uomo di spirito, accetta la battuta collocandola in uno spettro temporale indefinito: «Ancora no».
SOSPESO – Ancora no non significa mai, anzi. Sono due parole che fotografano perfettamente, almeno quanto l’istantanea che vedete in pagina, il momento di volatilità che sta vivendo Dzeko. Stuzzicato bonariamente da Totti, seguito diligententemente da Schick. Passato, presente e futuro dell’attacco della Roma raggruppati in pochi centimetri e moltissimi anni. Dzeko stasera giocherà contro l’Inter di un allenatore che lo ha sopportato più che supportato. Ma da domani, o forse da giovedì dopo Sampdoria-Roma, potrebbe cominciare la sua nuova vita, ripartendo dalla Premier League che aveva abbandonato con un obiettivo preciso: sentirsi importante.
ATTESA – Nel City non lo era più, nel Chelsea può tornarlo dopo averne incrinato il senso di superiorità con una doppietta a Stamford Bridge. Ed è significativo osservare che da quella notte alla Van Basten di metà ottobre, Dzeko non sia più stato lo stesso giocatore. Soltanto due gol non decisivi in due mesi, qualche errore di troppo, un velo di sfiducia negli occhi lo spingevano inconsciamente a ricordare le critiche al sistema Di Francesco pronunciate alla fine di Roma-Atletico, nell’aurora della stagione.
CARATTERE – Lo rimproverano di essere poco cattivo sotto porta e i numeri, comparati al comportamento vorace di Mauro Icardi, sembrano suffragare questa teoria: se Icardi ha bisogno di un pallone buono per fare gol, spesso a Dzeko ne servono tre o quattro. Ma questo atteggiamento sereno verso il mondo circostante gli può servire in questo periodo transitorio: non giocherà con l’idea di sloggiare al più presto, giocherà con l’idea di vincere. Se poi le richieste del Chelsea saranno accolte da Monchi, se l’accordo sui cosiddetti “personal terms” verrà raggiunto con gli intermediari di Antonio Conte, saluterà la Roma a testa alta. Bizzarro il suo percorso, quasi sempre all’altezza ma quasi mai pienamente accettato: gli stessi tifosi che fino a ieri lo criticavano aspramente per i gol sprecati e per il calo di rendimento oggi tendono a condannare la società per averne trattato la cessione. Dzeko rischia di lasciare la Roma dopo due anni e mezzo senza averla mai fatta innamorare. E’ questa, e non un gol mangiato, la sua piccola sconfitta.
EREDE – Ma torniamo alla foto del trio: c’è il ghigno disincantato di Totti, la risata di Dzeko, il volto scuro di Schick che con le mani in tasca e i pensieri lontani si avvicina al vagone del treno. Si parla tanto di successione, di nuovo centravanti da aggiungere alla rosa, ma Monchi in estate ha stanziato oltre 60 milioni per comprare due punte centrali: Defrel e appunto Schick. Magari toccherà proprio al più giovane smantellare i rimpianti per il collega che si sta accomiatando. Ma non è tempo per i bilanci, in ogni senso, e per cambiare le liste dell’organico. Dzeko in questo momento è a Milano, non a Londra. Ancora no.