Dentro al record e alla rinascita, una spiegazione: «Corre di più, non lo vedete? Dzeko corre di più rispetto al primo anno». Ride di gusto dall’altra parte del telefono Pedro Manfredini, superato dal centravanti di oggi nella classifica dei goleador della Roma di una sola stagione. «Ora però spero ne faccia altri nel derby, così lo vinciamo e andiamo in finale di Coppa Italia». In realtà Manfredini di gol ne aveva segnati 34, uno in più quindi, nella stagione 1960/61, ma i due della finale vinta in Coppa delle Fiere gli sono stati conteggiati per la stagione successiva.
BENEDIZIONE – Record sia allora: «Beh, prima o poi doveva succedere» scherza Manfredini, seduto in poltrona nella sua casa di Ostia. Classe ‘35, resta l’idolo di una generazione di tifosi, di quelli che hanno visto per una volta la Roma vincere in Europa. «Sono contento per Dzeko, è bravo e se lo merita. E poi è un motivo d’orgoglio anche per me se si parla ancora di quei gol. Significa che anche io ho fatto qualche cosa di importante. Quanti anni sono passati?». Cinquantasei: «Quindi il mio primato ha resistito tanto. Se erano 32 o 34 i miei gol non importa, faccio i complimenti a Dzeko. Ho visto la partita in tv, seguo sempre la Roma, le auguro il meglio».
LA SOLITUDINE – Due centravanti non paragonabili, Manfredini e Dzeko. «Io ero un attaccante veloce, lui è micidiale quando usa il fisico. Guardate come difende il pallone con le braccia. Ma il punto è un altro: è impossibile confrontare i centravanti». Tanto meno allora è impossibile stabilire chi sia il più forte dei due: «Non esiste un centravanti uguale all’altro nella storia del calcio. E vi spiego perché: il centravanti è una testa che pensa per conto proprio, diversa dai compagni. E’ un calciatore abituato a stare solo, un po’ come il portiere, e per questo si crea uno spazio autonomo, ineguagliabile».
RINCORSA – Lo spazio di Dzeko ha velocemente risucchiato tutti gli antagonisti storici. Non solo Manfredini è stato superato, ma anche Totti, che ieri gli ha sorriso amichevolmente nel momento del cambio, quasi per benedire il sorpasso. E poi anche un attaccante di origine balcanica, Rodolfo Volk, nel 1930/31, era salito fino a 32 gol stagionali. Dzeko però non ha ancora finito il lavoro: «Restano molte partite da giocare, non mi fermo» ha ricordato dopo la doppietta con l’Empoli, che gli ha consentito di agganciare Belotti (o meglio, è stato Belotti a ricucire il gap ieri) in testa alla classifica dei cannonieri della Serie A a quota 23. Adesso ha nel mirino il primato di campionato di Totti, che vinse la Scarpa d’Oro 2006/07, e il personale di reti stabilito nel Wolfsburg nel 2008/09: 36 gol tra campionato e coppe.
LA TESTA – «Però è strano che abbia segnato solo un gol di testa, non è vero?» ha osservato Dzeko sabato. In effetti per un centravanti alto 1,92 saltare più in alto degli altri dovrebbe essere un facile privilegio a cui attingere. E però Dzeko è un cigno, non un falco: elegante, raffinato, persino troppo buono come spesso ha sottolineato Spalletti. Che infatti l’estate scorsa lo teneva alla fine degli allenamenti in campo proprio a lavorare sugli stacchi di testa, per perfezionarne la tecnica e l’agilità in volo.