Il battesimo da dirigente l’ha fatto il 30 aprile, Roma-Lazio 1-3, non esattamente il debutto dei sogni all’Olimpico, ma non era la sua squadra quella che ha rischiato di compromettere l’ingresso in Champions dalla porta principale, e lui era ufficialmente l’erede di Sabatini da appena 6 giorni, non si era ancora presentato in conferenza stampa e aveva nel cuore il commovente saluto del Siviglia nel nome di Puerta.
Sette mesi e un mercato dopo, Monchi gioca il suo primo vero derby. Se l’assaggio della passata stagione non l’aveva scosso molto, la sfida di sabato già lo tormenta. Lo spagnolo non vive bene l’attesa dei big match, diventa più cupo e silenzioso. È un «dirigente da campo» e, specie in queste particolari vigilie, preferisce stare a stretto contatto con i giocatori: fa colazione con loro, se capitano trasferte importanti partecipa alla tavolata anche per pranzo e cena, e si veste come loro, in tuta. Sarà perché un tempo aveva gli scarpini ai piedi, fatto sta che Monchi vuole sentirsi parte integrante della squadra. Ieri è stato il primo giorno in cui ha potuto testare il clima da derby al Bernardini e ha rispettato la sua routine, a partire dalla colazione di gruppo, poi è sceso in campo per seguire l’allenamento, si è soffermato a parlare con Di Francesco e i giocatori, ed è stato più negli spogliatoi che alla scrivania. Sabato arriverà allo stadio col pullman della squadra, non col van dello staff. Nel libro dei ricordi ci sono un paio di amichevoli con la Lazio, a cui ha segnato anche un gol, da portiere. Destino bizzarro. Era il 23 agosto 1996, all’Olimpico si giocava l’Osama Cup, finita ai rigori. Al turno dei portieri Marchegiani centra il palo e Monchi segna, regalando il trofeo al Siviglia.
Il match-winner è diventato un direttore sportivo di successo, che tra gli acquisti fatti in carriera vanta un certo Ciro Immobile, preso dal Dortmund nel 2015 e rivenduto, proprio alla Lazio, a fine stagione per 9 milioni di euro: «Ero sicuro che nella capitale avrebbe fatto bene», ha dichiarato di recente. Sabato saranno avversari, uno in campo e l’altro in tribuna, forse con Pallotta. «Speriamo – ha detto Di Francesco – di ripartire come abbiamo finito. Nainggolan lo valuteremo tra giovedì e venerdì». Radja rimane in dubbio, Peres è tornato in gruppo, su Schick i medici non si sbilanciano. Dzeko sì: «Se vinci il derby la vita è più bella. Ho 2 anni per portare lo scudetto alla Roma». L’amico Kolarov al rientro anticipato dalla nazionale ha fatto una sgambata a Trigoria, Manolas si è riposato, ma oggi gli spetta una doppia seduta. Monchi non mancherà.