Il paradosso della settimana si sposta oltre confine. In Repubblica Ceca. La trasferta a Plzen non è più la gita fuori porta e la partita di domani pomeriggio contro il Viktoria, tra l’altro ancora in corsa per entrare in Europa League, non ha il più senso dell’amichevole. La Roma, insomma, con il pari di sabato alla Sardegna Arena è riuscita a complicarsi ulteriormente la vita. Perché nessuno, a cominciare da Di Francesco, si potrà permettere di snobbare l’ultimo match in calendario nel gruppo G della prima fase di Champions. L’unico beneficio della promozione agli ottavi, conquistata per la seconda stagione di fila, è dunque economico. Il risultato, cioè la qualificazione dietro al Real campione d’Europa, è stato invece azzerato dal rendimento scadente in campionato. Così il traguardo raggiunto il 27 novembre, per la piega orrenda che ha preso l’annata, è come se non contasse più. L’allenatore e i giocatori, dunque, sono chiamati a dare il loro meglio anche nella gara più inutile che ci sia.
TAPPA INTERMEDIA – La società, scegliendo la via del ritiro a tempo indeterminato, ha indicato come principali responsabili i calciatori, accusati di negligenza e superficialità. Ma il tecnico, essendo la squadra recidiva in quanto a disattenzione e immaturità, non si può sentire assolto: sta a lui far capire al gruppo che il black out nel recupero della gara contro il Cagliari resta inammissibile, soprattutto con diversi giocatori esperti in campo e con la superiorità numerica di due uomini. A Trigoria si dialoga per capire il motivo dell’ennesimo corto circuito. Si va avanti con i colloqui personalizzati. A spiegare ai dirigenti le loro gaffe sono professionisti che poi in campo si comportano però da dilettanti, spesso spaventati in ogni fase cruciale del match di giornata. Si parla di questa fragilità ormai certificata. Dei singoli e di squadra. Non c’è, quindi, Di Francesco al centro del dibattito in queste ore di ritiro. La posizione del tecnico, del resto, è stata presa di petto direttamente da Pallotta che si è confrontato con Monchi. Il ds, al momento, ha convinto il presidente a non intervenire. Lo ha fatto elencando quanto di buono si è visto nelle ultime 3 partite: il 1° tempo contro il Real, la gara (per intero) contro l’Inter e almeno 70 minuti contro il Cagliari. La Roma è viva: lo ha garantito Monchi a Pallotta. E, indirettamente, ha preso tempo. Anche perché prima o poi qualche titolare infortunato tornerà a disposizione. Il ds non ha negato i limiti caratteriali del gruppo. E ha assicurato al presidente che lui e l’allenatore si dedicheranno alla squadra per inchiodarla davanti all’evidenza: senza personalità e soprattutto senza attenzione non si va a dama. I giocatori, oltre che impauriti, sono svagati.
LOTTA DI POTERE – Di Francesco, comunque, resta in bilico. Vive questo stillicidio dal 23 settembre, dalla sconfitta di Bologna. Rischia ormai in ogni tappa. Con il Viktoria domani, comunque con il Genoa domenica. Ma la precarietà non aiuta lui e la Roma. Pallotta lo avrebbe già cambiato, Monchi e Totti sono ancora contrari. Si convincerebbero solo se la situazione dovesse precipitare. E accetterebbero l’esonero solo per la scossa da dare quando mancano i risultati. In più non c’è la condivisione di Monchi sul candidato proposto da Baldini: Paulo Sousa. Nemmeno su Blanc. E con Donadoni che, essendo ancora sotto contratto, si aspetta di tornare al Bologna, c’è da guardarsi intorno per individuare l’erede di Eusebio. Il ds, mettendosi di traverso, conferma di non abbandonare l’attuale allenatore e al tempo stesso di non lasciare spazio al principale suggeritore del presidente. Decide chi sta a Trigoria, non chi vive tra Londra e Città del Capo. Per ora.