Eusebio Di Francesco è avvelenato, come ai vecchi tempi, come se la Roma avesse perso malamente; come se ancora vivesse in pieno stato di crisi settembrino. Vecchi tempi, vecchi temi: assenza di carattere, presenza sparsa in varie elementi di personalità («che non si può comprare e la Roma ne è carente», dice DiFra) tipica di un cardellino abbandonato e la annosa mancanza di mentalità («che consenta di gestire meglio le partite», precisa ancora Eusebio). Una rimonta, quella di Bergamo, che l’allenatore dipinge come un qualcosa di «inspiegabile» che lo fa diventare «matto». Ma d’ora in poi ci vorrà sempre più lucidità, invece. Da parte di tutti.
DiFra prova a sferzare il gruppo, portando ad esempio la voglia di combattere fino all’ultimo di Papu Gomez, cosa che in tanti dei suoi non ha riscontrato nel secondo tempo, vedi Kluivert che nello spogliatoio si è beccato una bella ramanzina per quello che – in campo – non è riuscito a dare (e non solo lui, ovvio). «Loro nella ripresa erano degli animali, noi no», dixit Eusebio, per il quale la differenza con l’Atalanta bergamasca è tutta qua. L’aspetto animalesco si deve vedere dopo aver ottenuto il triplo vantaggio, invece la Roma ha solo subito, fino all’inevitabile, malinconico (ma anche utile) pari. «Non siamo guariti. Con il Torino abbiamo fatto lo stesso, con la differenza che abbiamo trovato la forza per vincerla comunque. La sensazione stavolta è che più loro di noi potevano prendere tre punti. Anche l’aspetto fisico era a loro favore. Mi fa rabbia un primo tempo così, letteralmente buttato via».
LA CLASSIFICA – Gettato al vento, per ora, anche il quarto posto. «Nella ripresa non siamo esistiti». E gli attaccanti non hanno più avuto mezzo pallone a disposizione. «Non è stato solo un discorso legato agli attaccanti. L’Atalanta è brava nei duelli e noi li abbiamo persi ovunque, non solo davanti. Non siamo stati puliti nel palleggio. Il cambio di modulo e la difesa a tre? L’ho fatto per rinforzare la linea difensiva: con troppa facilità arrivavano al cross sulla nostra sinistra». Dal lato Kolarov-Marcano.
«MATTO» – Eusebio non si dà pace. «Mi fa impazzire e divento matto nel notare che non abbiamo continuità. Non possiamo essere una squadra di livello se non cambiamo questo aspetto. Alla prime avversità, diamo il pallino alla squadra avversaria. Discorso sia fisico che mentale: non è la prima volta che ci accade, ma in questo senso la squadra mi fa diventare pazzo. Adesso sono troppo arrabbiato per analizzare, mi è sembrato di vedere due squadre differenti, eppure erano gli stessi undici del primo tempo. I cambi non hanno portato utilità? Nonostante i cambi abbiamo perso lucidità e abbiamo rischiato di lasciare i tre punti. Siamo stati scadenti come personalità, non è stata la prima volta che ci accade. Una partita dai due volti, ma grande merito all’Atalanta e ai suoi difensori di spessore. Per il primo tempo questa Roma è stata l’avversaria che ha fatto meglio contro l’Atalanta». Tutto vero. Peccato non sia bastato. In città, radio, siti internet, social, e chi più ne ha più ne metta, è ripartita la rumba: tutta colpa di Monchi, tutta colpa di Di Francesco. E così, verso l’infinito e oltre. Con un punto che sa di rabbia, ma che tanti si sarebbero preso a scatola chiusa.