C’è chi, senza uno straccio di rispetto, ha tirato in ballo la maledizione di Spelacchio, perché da quando c’è lui a piazza Venezia, primi di dicembre, la Roma ha conquistato solo cinque punti in altrettante partite di campionato, ed è stata pure eliminata dalla Coppa Italia. Ma una vittoria, due pareggi e altrettante sconfitte chiamano in causa soltanto la Roma. Trovare altri responsabili, anche se per gioco, non è la strada giusta per risolvere il problema. Che non è nemmeno piccolo, oltre che multiforme. E lo si intuisce (e da almeno un paio di settimane…) dalle dichiarazioni, pre e post gara, di Eusebio Di Francesco. Il quale, sfoggiando una sincerità quasi sconosciuta a questi livelli, non si è mai preoccupato di mettere il dito direttamente nella piaga.
RIMPROVERI MIRATI – Basta saperlo ascoltare con attenzione per capire che troppe cose ultimamente non gli sono piaciute. Eusebio, come tutti gli altri tesserati, ci ha messo del suo, sbagliando valutazioni e scelte; ma, essendo il capo, sta a lui trovare la soluzione per svoltare la crisi. Magari arrivando addirittura ad accusare apertamente i suoi giocatori. Riportiamo, per farci capire meglio, alcune frasi del post Atalanta: «Siamo mancati in personalità e nel desiderio di riprendere la partita. Più che i sistemi di gioco, bisogna scegliere gli uomini a cui affidarsi. Queste partite mi hanno dato risposte positive, è mancata anche personalità, che ci vuole per giocare nella Roma». Chiaro? Personalità, mentalità: due tasti battuti praticamente sempre dal tecnico abruzzese. Soltanto il tempo ci dirà se la sua tattica aggressiva sarà stata vincente, perché il rischio che prevalga la permalosità dei calciatori è sempre dietro l’angolo.
TESTA E RENDIMENTO – Ma, in termini pratici, che cosa sono personalità e mentalità? La Roma è una squadra strana: ha vinto dodici partite e c’è riuscita soltanto quando è passata in vantaggio. Personalità/mentalità vincente, dunque? Ma la squadra giallorossa non è mai riuscita a conquistare i tre punti se passata in svantaggio. Mentalità/personalità assente, allora? Non solo: la Roma, quando ha beccato gol per prima, è sempre stata battuta. Personalità/mentalità perdente, dunque? Forse solo doppia mentalità/personalità. Chissà. Intanto, non è dato sapere con certezza se i 30 gol all’attivo della Roma (10 più del solo Immobile) siano frutto di un atteggiamento mentale sbagliato o se invece siano colpa di un gioco macchinoso e di punte spuntate. Un sospetto ce lo abbiamo, ma – per ora – ce lo teniamo per noi.
POLLICE VERSO – E così il gradimento popolare nei confronti di Di Francesco, l’inadeguato diventato professore di calcio, ora sta precipitando verso il basso. Colpa dei risultati, ovvio, che tutto condizionano. Ma i rinnovati detrattori sostengono che il momentaccio della Roma è soprattutto figlio suo. Perchè, si dice, nei momenti di difficoltà non sa far altro che mettere in campo tutti gli attaccanti possibili, senza trovare soluzioni tattiche alternative. Oppure gli si rinfaccia di aver esagerato in passato con il turn over, perché cambiando in continuazione non ha creato un’identità reale di squadra e non ha permesso a nessuno (o quasi) di entrare in forma. Accuse, sottolineature, rilievi impensabili soltanto un paio di mesi fa quando la forza della Roma che dava spettacolo in Italia e in Europa erano la duttilità tattica e la forza del turn over. Quindi? Resta una riflessione: i discorsi di oggi sono i discorsi di ieri, perché una volta é la condizione atletica precaria, un’altra la mentalità sbagliata e un’altra ancora la personalità, ma da anni siamo sempre allo stesso punto. Con Tizio o Caio in panchina, con X o Y in campo. E, da anni, non si riesce a trovare una spiegazione concreta. Sta’ a vedere che stavolta è davvero colpa di Spelacchio.