Ha vestito la maglia della Roma, ma il salto in prima squadra in giallorosso non è mai riuscito a farlo. Ci andò vicinissimo, ad un passo proprio, persino con la benedizione del “mio mito calcistico, Francesco Totti, ma Spalletti fece altre scelte”. Simone Palermo, anno 1988, è stato uno dei giocatori più talentuosi usciti dal settore giovanile di Trigoria. Poi il destino lo ha portato altrove, a fare una carriera comunque dignitosa tra i professionisti con più di 200 presenze tra Serie C e B. Oggi è un elemento importante del centrocampo della Viterbese Castrense del presidente Piero Camilli (“Pure lui romanista”), in Serie C. C’è anche una parentesi alla Virtus Entella da ricordare in modo particolare: “La mia rivincita, mi presero dalla Lega Pro, a 27 anni. Non accade sempre”.
Cosa accadde alla Roma nei primi anni di carriera? “Feci una lunga trafila nelle giovanili fino ad arrivare alle porte della prima squadra, allenandomi più volte con loro e venendo convocato per la panchina in diverse partite. Ebbi pure l’occasione per esordire, su richiesta di Totti, ma non accadde”.
Su richiesta di Totti, addirittura. Possibile? “Sì, successe a Genova nel 2006 nella partita contro la Sampdoria. Quando Francesco fece quel gol pazzesco di sinistro, venendo applaudito da tutto Marassi. Sarebbero stati un paio di minuti in campo, niente di particolare. Panucci uscì, Totti suggerì a Spalletti: “Fai entra’ il ragazzino”. Il riferimento era a me, che avevo 18 anni. Lui preferì mettere Vucinic, peraltro poco voglioso di andare dentro per pochi istanti di gara. Spalletti era così, d’altronde…”.
Così come? “Puntava poco sui giovani. Se mancava un centrocampista, preferiva schierare un adattato piuttosto che rischiare qualcuno del vivaio. Successe con me, ma pure con altri. Ranieri, Montella e Luis Enrique, invece, presero altre decisioni. Facendo esordire i vari Florenzi, Viviani, impiegando con discreta regolarità Cerci e Okaka”.
Però giocò al fianco del 10 in un’amichevole al Flaminio del 2006 dopo l’infortunio alla caviglia di totti, prima del Mondiale di Germania… “Vero, quel pomeriggio fu emozionante condividere con lui quella giornata. Giocammo contro la Cisco Roma. Finì 2-2, ma non era importante il risultato. Conservo ancora una foto, che ho pure condiviso su Instagram. Quel giorno Spalletti non ebbe paura a mettermi in campo… (ride, ndr)”.
È piccato con Spalletti, pare di capire… “Ma no, non particolarmente. Alla fine ho fatto la mia carriera, anche migliore di chi – rispetto a me – magari ha esordito in Serie A. Non mi lamento, ho avuto quello che ho meritato. Mi sono rialzato dopo un brutto infortunio alla cartilagine. Mi sono tolto le mie soddisfazioni. Se ce l’ho con Spalletti, in realtà, è per un altro motivo”.
Quale? “Di come ha gestito il fine carriera di Totti. Io sono stato sempre totalmente dalla parte di Francesco. Spalletti perdeva il controllo con i giornalisti quando gli chiedevano dell’impiego di un calciatore che non è stato solo un calciatore, ma una leggenda. Spalletti resta un ottimo allenatore, Totti è la Roma”.
“Totti è la Roma” come ha scritto la Curva Sud il 28 maggio 2017, il giorno dell’addio del Capitano… “Ed è la verità, Totti è la Roma. Da quando seguo il calcio io, di conseguenza la Roma, Totti c’è sempre stato. Sono nato nel 1988, Francesco è il simbolo eterno di questa squadra. Il nostro vanto in Italia e all’estero”.
Dov’era il giorno di quel Roma-Genoa 3-2? “A casa, con gli occhi lucidi davanti alla televisione. Avevo una sensazione di smarrimento tale mai provata in precedenza. Dopo la partita, sono uscito di casa e percepivo in città un silenzio irreale. Si capiva che era venuto a mancare qualcosa”.
Perché non era allo stadio? “Mi dispiace, ma io non metterò più piede all’Olimpico”.
Prego? “Sì, è così. Non ci andrò più nella mia vita”.
E perché? “Non mi sento di entrarci. È il luogo che ha lasciato i miei sogni in sospeso. Detto ciò, sono romanista, lo sono sempre stato e lo sarò sempre. Pensi che più di una persona mi ha invitato lunedì allo stadio per vedere Roma-Virtus Entella dal vivo, ho declinato tutte le proposte che mi sono arrivate”.
A Chiavari ha vissuto l’esperienza più lunga della sua carriera, dal 2015 al 2018… “È stata la mia rivincita. Non capita spesso di fare il salto di categoria dalla C alla B a 27 anni, venendo acquistati, e non per una promozione sul campo. Mi diedero fiducia venendo dalla Cremonese, io diedi tutto me stesso. E porto con me un rapporto straordinario con i tifosi dell’Entella, molto passionali”.
Ha pure giocato con Zaniolo in quel periodo… “Si vedeva che Nicolò aveva qualità fuori dal comune. Non mi sorprende che si stia imponendo oggi in una realtà come quella della Roma. Però deve restare tranquillo e continuare a lavorare con serietà come fatto finora. Ma ha alle spalle una famiglia seria, con un papà che è stato a sua volta calciatore professionista. Sapranno preservarlo. E lui diventerà un giocatore ancora più importante”.
La Roma, ora, sembra in ripresa rispetto alle difficoltà di un paio di mesi fa… “Ha ripreso morale e ottenuto risultati nelle ultime gare con la maturazione dei nuovi che sono arrivati. Con un mercato del genere, con l’innesto di talenti e la cessione di alcuni leader dello spogliatoio, un momento di flessione era prevedibile. Pure l’ambiente intorno non sempre aiuta nei momenti negativi”.
Non è l’unico a evidenziare una problematica ambientale legata alla squadra giallorossa… “Beh, è sotto gli occhi di tutti. A Roma trequarti della popolazione è romanista. Solo una piccola minoranza tifa altro. Siamo tanti e di conseguenza si parla altrettanto. Non esistono altre piazze dove ci sono cinque o sei radio che trattano un argomento o giornali monotematici. Ognuno si sente in dovere di dire la sua, a volte lo si fa in modo sbagliato”.
Sbagliato come? “Io ho una visione del tifoso vecchia maniera. Si dovrebbe pensare soprattutto al bene primario, che è la Roma. Quello viene prima di ogni cosa e di ogni opinione su un calciatore o un allenatore”.
A proposito, Di Francesco le piace? “Ha saputo tirarsi fuori dalle difficoltà con coraggio in questa stagione. Lo scorso anno ha fatto un vero e proprio capolavoro tattico in quel Roma-Barcellona 3-0”.
In che posto ha vissuto quella serata? “Stavo a casa, con la mia famiglia. Al gol di Manolas c’è stata un’esplosione incredibile. A fine gara ho chiamato mio fratello e lui era in lacrime. Mi diceva, ci dicevamo al telefono, “non ci credo, non ci credo”. Emozioni incredibili quella sera all’Olimpico. Sarebbe stato bello esserci, ma – come già detto – io in quello stadio non ci entrerò più”.