È stata la settimana dei ritorni: Zico, Gullit, Maradona e ieri, a Trigoria, Falcao. Campioni di un calcio inimitabile, quando il campionato italiano aveva il meglio. Ma non si tratta soltanto di qualità. Parlando di e con Falcao è la statura dell’uomo che viene fuori. Un fuoriclasse con il sorriso, lontano da ogni piccolezza e da tutte le invidie. Domani sera, dopo Roma-Villarreal di Europa Legaue (andata 4-0 per i giallorossi), Roma Tv manderà in onda «Chiedi chi era Falcao», un docu-film sugli anni d’oro con la squadra allenata da Liedholbm. L’occasione per inumidire gli occhi di chi c’era e per far conoscere un pezzo di storia della Roma a chi era troppo giovane. «Quello che mi colpisce – racconta il Divino – è andare per strada e vedere ragazzi di vent’anni che si emozionano. Questo non è normale. Un conto è trovare una persona che mi ha visto giocare e ha visto vincere lo scudetto, ma un ragazzo che non era neanche nato…». Chi semina, raccoglie.
E Falcao, a Roma, ha seminato la mentalità vincente: «I giocatori di quella squadra l’avevano già, ma era difficile giocare contro la Juve, che è sempre stata una squadra con potere politico, come si vide in occasione del gol di Turone. Con questo non voglio dire che la Juve non fosse fortissima. Ha sempre saputo come costruire le squadre, però non giocavano meglio di noi. Il mio contributo fu convincere i compagni che la partita non si vince o perde prima di giocarla. Abbiamo vinto meno di quello che meritavamo, ma sono fiero lo stesso». Tema d’obbligo, il rapporto tra Totti e Spalletti: «È difficile giudicare da lontano. Totti è straordinario, avrebbe meritato un pallone d’Oro. Spalletti sta mostrando tutto il suo valore. Sono due persone intelligenti, l’importante è il rispetto. Spero che Totti possa giocare fino a 50 anni. Quando doveva ancora rinnovare l’ho invitato a giocare nella mia ex squadra, lo Sport Recife. La numero dieci era pronta per lui, ma poi…».