«Messi è il calcio». Alessandro Florenzi inquadra il campione argentino. La sentenza è servita alla platea dell’Aula Magna. E non sarà l’unica del laterale, basso o alto fate voi, giallorosso. Che, unico del gruppo azzurro, ha la certezza di incrociare 3 volte, in 19 giorni, l’extraterrestre in campo: all’Etihad Stadium (23 marzo), al Camp Nou (4 aprile) e all’Olimpico (10 aprile). Così piazza l’altra certezza della giornata: «Sarà più complicata la partita della Roma contro il Barcellona che quella dell’Italia contro l’Argentina». Non c’è nemmeno bisogno di chiederli perché. Ha subito il nuovo colpo in canna: «I blaugrana giocano da anni insieme e quindi si conoscono a memoria. Gli altri, in nazionale, hanno un ct che è arrivato da poco e al massimo si vedono una volta al mese». Il messaggio è anche per Monchi, chiamato a rinforzare a giugno la squadra di Di Francesco. La proprietà Usa ha sempre scelto di smontare e rimontare la rosa alla fine di ogni stagione. Il consiglio del ragazzo di Vitinia non è quindi da sottovalutare, anche per dar forza all’attuale progetto tecnico. «E’ più facile quando lavori sempre con gli stessi compagni. Io so quando uno ha un problema, anche personale. O riesco ad aiutarlo in campo se fa un errore. Così gli altri si comportano con me. Ci conosciamo per i pregi e per i difetti. La convivenza aiuta pure fuori del campo. Agevola la squadra nella sua crescita».
FALLIMENTO INDIMENTICABILE – «Ci vorrà un bel po’ per lavare la macchia dell’eliminazione». L’Italia, dopo 60 anni, è fuori dal mondiale. Florenzi non cerca scuse e nemmeno colpevoli: «Il nostro calcio ha fatto una brutta figura. Non basteranno due-tre vittorie. Ci vorrà pazienza e organizzazione. La Federcalcio si sta muovendo per dare una nuova impronta». Il ricordo della notte del 13 novembre a San Siro è nitido: «Neanche se avessimo giocato per tre giorni la palla sarebbe entrata nella porta della Svezia. Colpa nostra e dispiacere enorme». Alessandro, però, tira fuori l’orgoglio. In 17 della Nazionale di Ventura sono stati confermati (Chiellini, il 18°, è tornato a casa): «Se Di Biagio ha deciso così, vuol dire che non siamo così scarsi. Siamo qui per riportare dove l’Italia merita di stare, tra le prime del mondo. Ci prenderemo le nostre responsabilità. Non siamo, comunque, condizionati da quell’ultima partita, nella sera finita male a Milano». La Nazionale, eliminata al 1° turno in Sudafrica (2010) e Brasile (2014), addirittura non va in Russia (2018): gli ultimi 3 mondiali di fila sono il buio dopo l’azzurro, facendo sempre cilecca. «Vincere aiuta a vincere. Dobbiamo rimboccarci le maniche e invertire subito la rotta. Ora è facile sparare sulla Nazionale. Bisogna stare uniti e ripartire dal gruppo, senza fare entrare le voci da fuori», riferimento al veleno sparso da Raiola. «Niente paura, solo ambizione, entusiasmo e coraggio. E’ quello. Che ci dice Di Biagio in allenamento. Ci chiede di fare le nostre giocate».
RIABILITAZIONE CONTINENTALE – «Non fa niente se pochi italiani giocano nella Juve e nella Roma, promosse ai quarti di Champions. Anche lo Shakhtar ha schierato pochi ucraini nella formazione titolare. Luoghi comuni, insomma». Conta la qualificazione, sia a Torino che nella Capitale: «Noi, a Trigoria, non ci siamo mai abbattuti, nemmeno nel periodo più difficile. A vedere le ultime prestazioni mi sembra che la squadra stia bene anche fisicamente». Sul contratto da rinnovare mette invece il silenziatore: «Non mi pesa la situazione. Gioco e provo a dare il massimo».