Eusebio s’è giocato il jolly, perchè sente di avere il vento in poppa. Perchè sa che la fiducia della società non è a termine, non c’è una data di scadenza intorno al suo nome. Occhio, però. Perchè nel calcio i riferimenti temporali si ampliano, le settimane valgono mesi e un risultato ha il peso (nel vero senso della parola) di una chiusura di bilancio. Di Francesco e il giochino dei rilancio – nelle ore che precedono il Barcellona e un derby di Champions da affrontare dopo aver sciupato cinque punti di vantaggio sulla Lazio in una settimana – è tutto in quei due discorsi semplici. Uno rivolto alla società: «Ci manca qualcosa a livello di uomini e di qualità per competere al vertice». E l’altro in direzione squadra: «Si vince lavorando in maniera costante e non alternata, ne ho parlato coi ragazzi, in allenamento mi ero arrabbiato». Il riferimento è alla seduta di venerdì, a un grado di concentrazione non massimale riscontrato in qualche giocatore, soprattutto nella parte tattica. Non è così scontato che le parole siano risultate indifferenti alle orecchie dei calciatori.
BIG A RISCHIO – Non è la prima volta che accade, però. Già in passato Di Francesco ha fatto riferimenti precisi al comportamento dei giocatori. E a gennaio difese il proprio lavoro snocciolando una serie di dati sui tiri in porta che sembrano tremendamente attuali a rileggerli oggi. Ergo: la Roma ricade sempre sugli stessi errori. E questo sta facendo riflettere anche la società, ormai convinta che occorra mettere profondamente mano all’organico per provare a smontare le sovrastrutture mentali negative che si sono create nelle teste di alcuni calciatori. La Roma si avvia verso l’ennesima rivoluzione, ma stavolta in misura percentuale sarà dettata più da ragionamenti tecnici che economici. A rischio ci sono alcune colonne portanti del gruppo: dai discorsi di mercato non saranno esenti Strootman, Nainggolan, Florenzi, El Shaarawy. Non è troppo presto per immaginare alcuni scenari. Prestissimo, invece, per mettere in discussione Di Francesco, forte della fiducia del direttore sportivo Monchi. Il tecnico in bacheca può esporre il trofeo di un quarto di finale di Champions League . Ma il quinto posto sarebbe una sciagura tale da rimettere in moto il frullatore: difficile immaginare di escludere qualche ingrediente. Così è, oltre le parole – dette e non dette – della società.