Diciannove giorni al via ufficiale della stagione e un bicchiere mezzo pieno, secondo Di Francesco, che fa però ancora acqua da diverse parti. Al giro di boa della preparazione estiva si tirano le prime somme e l’ultima prova in terra americana, l’amichevole (di nome ma non di fatto) con la Juventus, ha confermato pregi e difetti della nuova Roma. La fase difensiva è il vero tallone d’Achille: 4 gol incassati nei 3 test oltre Oceano pesano sulla coscienza di Fazio e compagni, che hanno rischiato di subirne anche altri, ma dove è stato possibile ci ha messo una toppa Alisson sfoggiando belle parate e reattività. La cosa che preoccupa di più è come sono arrivati in rete gli avversari: a palla «scoperta» la beffa è assicurata. La ripetitività delle azioni da gol spaventa l’allenatore: «C’è stato un errore di reparto sull’1-0 di Mandzukic. Ci siamo esercitati in settimana su una palla simile per mezz’oretta e questo fa capire che c’è bisogno ancora di lavorare». La linea alta fatica a funzionare, un po’ perché le lezioni sono in corso un po’ perché gli interpreti sono cambiati troppo spesso. E questo porta alla seconda considerazione: gli infortuni impediscono a Di Francesco di avere un quadro completo. La coppia Fazio-Jesus è quella maggiormente utilizzata, insieme hanno fatto 128 minuti, ma è stata costruita per necessità, non ragionando in prospettiva. Manolas è un titolare, fermo ai box per un problema alla spalla: nulla di grave, ma si è aggiunto ai guai di lunga data dei terzini Florenzi, Palmieri e Karsdorp, tutti potenziali proprietari delle fasce. Poi c’è El Shaarawy, che non ha fatto in tempo ad arrivare e si è dovuto fermare per una dolorosa lombalgia. L’infermeria piena è un limite con cui Di Francesco sta facendo i conti. A farne le spese è anche qualche giocatore, come Bruno Peres, costretto a sacrificarsi e a fare un minutaggio alto con le gambe imballate.
Il brasiliano è stato, quantomeno per dedizione, uno dei più positivi. Tra i promossi ci sono Kolarov, Gonalons e Cengiz Under, l’impatto delle tre «new entry» è stato forte e fa ben sperare, ma vanno sottolineati pure i progressi di Gerson. Sottotono invece Perotti, tirato a lucido fisicamente ma evanescente in campo. Fazio è stato tra i peggiori in difesa e in generale il suo reparto ha azzeccato poco più della metà dei contrasti fatti, mentre i colleghi bianconeri hanno sfiorato il 90%. I centrocampisti sono in leggero ritardo e Nainggolan deve riabituarsi alla vecchia veste di mezz’ala. I «rimpiazzi» in mediana hanno fatto meglio dei titolarissimi domenica ed è la rosa lunga (nonostante gli infortuni) uno dei punti forti di questa Roma: 24 i giallorossi utilizzati nei 3 test americani. Le notizie migliori per Di Francesco arrivano dall’attacco, la sua mano si vede nella facilità di creare occasioni da gol e nell’intenzione di fare calcio verticale che chiede. Eseguirlo a regola d’arte sarà l’ultimo passo. Contro la Juve i giallorossi hanno tirato in porta 12 volte, 4 nello specchio, con una precisione vicina al 50%. «Voglio una squadra che sappia palleggiare, ma anche verticalizzare di più. Io vedo il bicchiere mezzo pieno», la sintesi del tecnico a fine gara. Per il tipo di calcio che ama fare Nainggolan sarebbe l’uomo perfetto da mandare tra le linee, ma Di Francesco è disposto a mettere in discussione le sue certezze per plasmare la Roma intorno ai giocatori e non viceversa? Sembra troppo affezionato al 4-3-3 per prendere una nuova direzione: «Il tecnico sa quello che vuole, ma ci serve tempo per farlo», ha fatto presente Strootman, che ora si gode i due giorni liberi concessi al rientro dal tour (giovedì doppia seduta a Trigoria, il 9 agosto si vola in direzione Siviglia), con Totti e De Sanctis pronti a partire nei rispettivi ruoli da dirigenti. L’orologio non si ferma e tra 19 giorni c’è l’Atalanta, tra 25 l’Inter: la Roma sarà pronta?