Meglio di Capello. Meglio dell’ultimo Spalletti. Meglio di tanti, quasi tutti. Eusebio Di Francesco si è preso improvvisamente, dopo un lungo dibattito sulla sua adeguatezza al ruolo, un piccolo spazio nella storia della Roma che per la quarta volta entra in un quarto di Champions League all’interno di una serata sofferta e meravigliosa, come pretende il dna di un club affascinante ma spesso autolesionista.
TARANTOLATO – Si è sbracciato a lungo, anche uscendo fuori dall’area tecnica, per spingere quasi fisicamente i giocatori a superare la paura, l’ansia, il palleggio dello Shakhtar. Alla fine, dopo tanta tensione, ha demolito la tensione con un urlo di felicità e con l’abbraccio della sua panchina: «Sì, è stata una grande emozione. Siamo tutti orgogliosi. Sono felice di aver visto una squadra vera, di uomini veri, che si sono applicati con attenzione e sono riusciti a conquistare un grande risultato. Stiamo vivendo un sogno e io vorrei continuare a viverlo qui. A Roma purtroppo non abbiamo vissuto molte volte queste serate e quindi sarebbe bello dare continuità a una vittoria come questa. Pure per la gente, che ha tifato è sofferto: rivedere un Olimpico così mi ha fatto venire i brividi, come quando giocavo».
TATTICA – Non è stata la migliore Roma possibile. Ma a un certo punto, pazienza no? «Siamo stati poco qualitativi negli ultimi 25 metri. A volte bisogna essere più spensierati, liberi, senza timore, giocando ogni partita con il piglio giusto. E’ chiaro che l’abitudine a stare dentro a momenti così importanti aiuta. Noi non l’abbiamo ancora, io non ce l’ho. Miglioreremo». Intanto si gode l’applicazione: «La Roma che ha battuto lo Shakhtar merita 10 per attenzione e organizzazione. Siamo stati bravi ad andarli a prendere, a livello fisico abbiamo lavorato benissimo. Sul piano tecnico invece è stata da 6,5 perché alcune situazioni andavano lette meglio. All’andata avevamo commesso qualche errore di troppo. Stavolta invece avevamo preparato la partita sapendo che qualcosa loro ci avrebbero lasciato. E così è stato, siamo stati bravi ad approfittarne senza invece concedere tiri nello specchio. Siamo migliorati nel cinismo, a forza di lavorare insieme».
FUTURO – Pensando al sorteggio di venerdì, non si aspetta regali dall’urna ma ripete: «Facendo una battuta, ho dato un appuntamento al mio amico Montella in finale… Seriamente: voglio sognare con la Roma. Siamo arrivati tra le prime otto d’Europa, un traguardo impensabile a inizio stagione, ma non ci dobbiamo accontentare. E nello spogliatoio dopo la partita credo di aver visto lo spirito giusto: ho sentito parole importanti, questa è la mia vittoria. Segno che stiamo crescendo in convinzione e consapevolezza dei nostri mezzi». La Roma vive e non si ferma. E ora chissà.