Dalle periferie alla maratona, dal Flaminio a Tor di Valle. Con l’assessore allo sport Daniele Frongia, ex «velocista mediocre» (parole sue) in pista, viaggiamo nella Roma dello sport. Partendo da dove? «Dalle ricadute sociali di questo mondo. Il grosso dei 93 progetti finanziati grazie all’ultimo bando comunale, si concentra su periferie, famiglie con fragilità, ragazzi con disabilità».
Ma il Progetto Filippide, grande esperienza di sport fra i ragazzi autistici, è messo in qualche modo a rischio dalla vostra decisione di passare dal finanziamento al bando… «Abbiamo fatto una manifestazione di pubblico interesse aperta a tutti, e quindi tutti potranno partecipare, che prevede un finanziamento ai progetti vincitori uguale agli anni precedenti».
Che cosa avete fatto prima di tutto in questi mesi per lo sport a Roma? «Abbiamo riordinato i conti, prima totalmente fuori controllo, con il 70 per cento di morosità dei gestori. Ed è fondamentale il nuovo regolamento dei 162 impianti sportivi cittadini. Il precedente era del 2002, il codice di appalti lo rendeva inapplicabile. Ci siamo confrontati con tutti: prima di Natale, il regolamento sarà realtà».
Ma la delibera “ponte” è saltata. Non è che si ferma tutto? «Le proroghe non sono possibili, lo dicono le leggi e i pareri dall’Anac. Sono previste delle norme transitorie. Guardate che il cuore dell’indagine “Mondo di mezzo” stava proprio nell’affidamento diretto. Quando siamo arrivati, negli uffici non c’era nessuno in grado di redigere bandi».
A proposito di bandi, ce n’è uno per la maratona? «Diversi soggetti imprenditoriali, italiani e stranieri, ci hanno contattato: “quando esce il bando della maratona?” Evidentemente per ambire a organizzarla. Ma attualmente non c’è nessun bando e nessuna direttiva in questo senso. Studiamo un riordino e una valorizzazione degli eventi su strada, in primis con la Fidal».
Dal «fuori» della maratona al «dentro» del Flaminio. I 150 mila euro della fondazione Getty servono per fotografare l’esistente, ma la ristrutturazione è un’altra cosa… «Si studia un piano propedeutico a lavori di rifacimento. Abbiamo respinto proposte di megaparcheggi, copertura, maxi centri commerciali. Con Coni e Federugby sarà organizzato un incontro la prossima settimana, su indicazione del presidente Malagò, insieme con le università “Tor Vergata” e “La Sapienza”, e la Pier Luigi Nervi project. L’alternativa è un progetto, non invasivo, di una multinazionale».
Pure il palazzetto di viale Tiziano se la passa male… «Ci sono tre milioni di euro per i lavori nei prossimi due anni: partiranno nella seconda metà del 2018. In questi mesi è stato un miracolo tenerlo aperto. Ora ci siamo intestati le utenze, perché le squadre non pagavano».
E sotto la vela di Calatrava a Tor Vergata che succederà? «I 60 milioni di spesa previsti nell’era Veltroni oggi diventati 660. Ne mancano 400. Cerchiamo una soluzione insieme con Università, Governo, Regione. Ora c’è una proposta interessante fra sport e spettacolo».
Intanto avete ricominciato a parlare con il Coni. Dalla copertura del centrale del Foro alla gestione sportiva di piazza di Siena. Un dialogo solo tecnico o anche politico? «La frattura è durata cinque giorni dopo il no alla candidatura. Poi si è ricominciato a lavorare insieme. Ho avuto diversi incontri istituzionali con Malagò: siamo due enti pubblici, c’è una forte convergenza di intenti».
Ma quel no brucia. Oggi chi organizza i Giochi ha più forza rispetto al Cio, costretto addirittura alla doppia assegnazione…Perché non studiare la questione? «Siamo arrivati a ridosso della scelta, questo non ha facilitato il confronto. Ma abbiamo studiato: soprattutto i conti di Roma e quelli delle città città olimpiche, penso ad Atene».
Quell’epoca, però, è finita, lo stesso Cio ha abbassato l’asticella, dicendo basta con il gigantismo… «Ma l’epoca di Roma indebitata non è finita! Per non parlare di tanti impianti incompiuti di cui ci chiedono conto i cittadini».
Ora, però, ce n’è uno da compiere: lo stadio della Roma… «Ne approfitto: non c’è nessun buco nella delibera, le cubature sono quelle e quelle restano».
Ma c’è la questione viabilità. Chi paga il ponte di Traiano? «È una questione al di fuori del nostro perimetro. So che ci sono interlocuzioni a livello governativo e di Cipe».
Da uno stadio all’altro. Al «Paolo Rosi» la pista casca a pezzi, i soldi per rifarla ci sono, eppure… «Per rifare una pista non servono solo i soldi, ma un inserimento nel piano di investimenti del Comune. Facciamo la nostra parte. Lo stadio diventerà la casa dell’atletica romana: ci vuole soltanto un po’ di pazienza in più».