Quando si parla di massimo risultato col minimo sforzo, tanto di cappello alla Roma: non solo si qualifica, ma si qualifica da prima del girone. Quando si parla di adattabilità in trasferta, ecco la Juve: nella sua settimana di fuoco, dopo l’1-0 di Napoli il 2-0 di Atene. Se vale il vecchio “non c’è due senza tre” stasera può sperare anche il Napoli, ma è più difficile. Era meno difficile, per le nostre, battere le ultime della classe, quelle tagliate fuori anche dall’Europa League, quelle che giocavano solo per non fare brutta figura. E non l’hanno fatta. I risultati sono da applaudire, il gioco un po’ meno. Se la Juve è più tranquilla per le notizie che arrivano da Barcellona, ma con l’eccessiva tranquillità si sconfina nell’inerzia, la Roma cammina fino all’ultimo secondo sul filo dell’1-0 di Perotti, migliore in campo. A seguire Kolarov e il Nainggolan del secondo tempo. Il Qarabag fa quello che può, non molto, ma quanto basta a dare qualche brivido all’Olimpico. Dzeko sbaglia tutto, o quasi. Primo tempo regalato agli azeri. Questi appunti non vogliono offuscare i meriti della Roma, che esce al primo posto da un girone molto difficile. Resta da capire, e tocca a Di Francesco, come i suoi possano giocare grandissime partite col Chelsea e mediocri col Qarabag. Il tempo c’è, finita la festa con un pubblico ritrovato per numeri e calore. Altro risultato da non sottovalutare.
La Juve ad Atene ripete il copione di Napoli. Gol in contropiede, molto bella l’azione dal lancio di Matuidi al cross di Alex Sandro al gol di Cuadrado. C’è un gol in più rispetto al San Paolo. Quello di Bernardeschi, nel finale. Pure bello, ma fa pensare a una gara che la Juve ha controllato e dominato. Né l’una né l’altra cosa. Una volta in vantaggio si è progressivamente ritirata. Molto, troppo. Veloci e abbastanza tecnici, i greci l’hanno presa d’assedio. Difesa pura, non lucidissima, molti errori nelle uscite, Higuain in serata scarsa, Dybala in serata pessima. Non tanto perché in Europa non segna da 10 partite ma per come si ostina in dribbling che perde e possono far male alla squadra. Allegri l’ha tolto per disperazione inserendo Pjanic, perché c’era bisogno di tamponare. Che nella Juve non sia tutto rose e fiori lo dice chiaramente un fatto: Szczesny fondamentale, almeno due parate-super, più un palo di Benalouane. L’uscita anzitempo dell’acciaccato Barzagli ha reso più incerta la difesa. La testa collettiva, da un po’, era già rivolta alla partita con l’Inter e, contro avversari che si facevano sentire nei contrasti, non conveniva fare i fenomeni. Esiste una via di mezzo, governare con la tecnica, e la Juve la conosce, ma ad Atene l’ha frequentata poco. Catenaccio (mascherato) e contropiede. Funziona ancora.