“Alzare la cresta” ci fa pensare alla superbia, “fare la cresta” al furto, “cambiare la cresta” ci può far meditare su una sola persona al mondo: sul Ninja. Ovvero sull’uomo che ha inventato una nuova arte, trasformando il proprio corpo in una installazione permanente. Certi tagli di Radja Nainggolan dovrebbero essere esposti nelle gallerie d’arte moderna o al Moma. Dire addio a quei capelli sarà come dire addio ai monti per Lucia Mondella, dire addio alle creste, per chi ha la Roma nel cuore, sarà come condannarsi ad un vecchio rimorso, o ad un vizio assurdo. Vedere una cresta virata in nerazzurro sarà come per i divorziati vedere l’ex moglie sotto braccio con un altro.
Se non altro perché la domenica calcistica si animava (anche) per l’attesa dei piccoli dettagli, rituali e guerrieri, di Nainggolan. Parlo degli immancabili calzettoni strappati sul polpaccio posteriore (stile incredibile Hulk) e delle invenzioni del suo parrucchiere personale, che Radja esibiva su Instagram con questo appellativo vezzeggiativo “ecco il mio top Barber”. Durante questo campionato si è capito che l’artista-parrucchiere lavorava con un progetto tricologico programmato con la stessa cura di un piano quinquennale: si partiva in una giornata qualsiasi con cresta tradizionale gialla stile Arrapaho, si passava all’evoluzione cromatica giallorossa, si arriva alla cresta Ninja più codino pendulo (da cui lo sfottò di Perotti “ma tu hai pagato il parrucchiere?”), per poi passare a una nuova variazione di stile bicromatico con la cresta metà bionda e metà nera che procuró a Radja un memorabile ululato dalla Tribuna Tevere: “Ah Radjaaaa! Ma che te sei sparmato er ciaocrem sulla boccia?”
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