Le persone a volte sono libri che camminano. A Torino oggi apre il Salone Internazionale del Libro: si può leggere di tutto ma «El Método Monchi», un saggio sul sistema con cui è stato guidato il Siviglia, non si trova. Ieri però allo Juventus Stadium è passato Miguel Angel Gomez, coordinatore della direzione sportiva del Siviglia. Più o meno, un capo scout. Era lì per il Forum di Wyscout ma ha finito per parlare di Monchi, il suo ex capo che oggi decide per la Roma. Gomez ha raccontato che gli scout del Siviglia danno un voto a ogni giocatore visionato, da A fino a E: «A se è da prendere, E se è meglio che… vada alla “Gazzetta”». Rideva, ma su Monchi si è capito: per Gomez, sarà una A per tutta la vita.
Monchi: ci dice com’era la sua squadra al Siviglia? «15 scout più lui come capo. L’ideale era che almeno 7 di noi vedessero un giocatore, prima di prenderlo. Ci sono stati acquisti visti dal vivo 50 volte».
È vero che, per ogni ruolo scoperto, ad agosto si fa una lista di 50 candidati? «Sì, più o meno. Se ci serve un giocatore facciamo questa lista a inizio stagione. A gennaio si riduce a 25, ad aprile è di 5-10 nomi. Poi scegliamo».
Sabatini ha lasciato Roma con una polemica sull’uso delle statistiche. A Siviglia si usavano? «Monchi è stato un pioniere. I big data gli piacciono, anche se per la decisione conta soprattutto il suo istinto. Lui comunque è una persona umile, aperta. La qualità è il coinvolgimento. Pensa calcio 24 ore al giorno, lavora 14 ore. Si prende giusto due ore per andare in palestra. Ci tiene».
Come reagirà alla pressione di Roma? «La pressione se la mette da solo, anche se si fida sempre dei collaboratori. Ha scelto Roma perché può essere indipendente».
Quali sono i giocatori di cui si è innamorato? «Direi tutti quelli che ha preso. Dani Alves, Rakitic, Julio Baptista, Maresca».
Però ci sono stati anche acquisti sbagliati… «Sì, ma una delle sue frasi è: “Non ci sono cattivi acquisti, c’è il cattivo rendimento”. Non sai mai come un giocatore si adatterà. Su Lautaro Acosta eravamo convinti, ma è andata male. Come con Arouna Koné. Succede».
Quanto conta l’allenatore nelle scelte? «Molto. Monchi cerca allenatori che lavorano di squadra, mai un manager. Kanouté è l’esempio giusto: Juande Ramos cercava un attaccante alto ma mobile, Monchi glielo ha trovato».
Ora ci dica, che allenatore sceglierà alla Roma? «So che a lui Spalletti piace, ma leggo che andrà via. Sono sicuro vorrà un allenatore, ambizioso, soprattutto offensivo».