Roma fuori dopo i tempi supplementari complice un calcio di rigore dato al Porto grazie al Var e uno – netto – non dato alla Roma senza neppure consultare il Var. Rabbia immensa e un neppur vago senso di ingiustizia. Ma, analizzando la partita, occorre fare tante considerazioni che devono andare oltre la pessima prestazione di Cakir. Difesa a tre, tanto per cominciare. Una scelta legata alla partita, cioè alle caratteristiche del Porto, ma forte è la sensazione che trovandosi ad un passo dalla cacciata (non è arrivata una smentita da parte del club neppure a pochi secondi dall’inizio della sfida, tranne un affettuoso abbraccio mediatico di Francesco Totti), Eusebio Di Francesco abbia voluto giocarsela in maniera personalissima. Della serie: tanto cosa ho da perdere? Inventandosi, così, l’ennesima formazione inedita, stavolta con un sistema di gioco provato a fine agosto, recuperato a metà dicembre e poi abbandonato in fretta.
Al netto delle chiacchiere, una mossa corretta? Valutando il primo tempo, Roma in affanno più per errori individuali che di reparto. Come testimoniato dal gol del Porto, nato da una sciocchezza di Manolas con la palla tra i piedi. Roma troppo schiacciata verso Olsen, comunque; troppo passiva. Un guaio strategico, come dimostrato dall’azione che ha portato al calcio di rigore trasformato in maniera impeccabile da De Rossi. Finalmente un po’ di coraggio, uno spunto di Perotti e partita di nuovo in parità, prima del cambio forzato del capitano dai muscoli ridotti ormai al lumicino per la causa romanista.
SONNO E SOGNI – E la seconda rete dei padroni di casa? Difesa schierata, ma tutti con la camomilla tra le mani. Dormita colossale, errori a raffica di posizione e Roma di nuovo sotto nel punteggio. Colpa del modulo? Colpa di chi non ha capito esattamente come andava interpretata la partita. La Roma, al di là di questo o quel sistema di gioco, ha tentato di portare avanti una gara da provinciale, senza avere – però – il vero spirito della provinciale. Troppo molle nella testa e nelle gambe. Incapace, costantemente, di fare due o tre passaggi di fila. Infinito il numero delle palle perse, ad esempio. E rarissimi duelli vinti. Contro un avversario, il Porto, apparso non irresistibile in difesa. Anzi. Come dimostrato ampiamente dai tempi supplementari, prima e dopo il rigore di Telles, giocati con uno straccio di personalità ma pochissima precisione. E, così, via ai rimpianti.