Non è un film, ma magari ha più le caratteristiche di una telenovela a puntate. Ma, di sicuro, da qualche settimana a questa parte, sul progetto dello stadio della Roma Tor di Valle il controverso intervento calcistico/immobiliare sui cui da giugno 2017 pesa un’inchiesta per corruzione che ha portato all’arresto di Luca Parnasi e Luca Lanzalone prima e di Marcello De Vito dopo tra il Campidoglio e i privati sta andando in onda il Grande freddo: The big chill, per dirla nella lingua di James Pallotta, il bostoniano patron dei giallorossi.
ZERO RIUNIONI – Da diversi giorni, infatti, i contatti tra gli uomini del Comune e gli esponenti di Eurnova si sono interrotti. Diciamo sospesi, o comunque congelati. Niente più riunioni, niente più approfondimenti, stop anche all’unico segno di vita che l’iter del progetto ancora manifestava, e cioè i ripetuti vertici per limare piccoli dettagli in vista della convenzione urbanistica da firmare.
Tavoli di lavori più tecnici che politici, di certo non decisivi per la sorte finale del progetto, ma che comunque testimoniavano la volontà almeno formale di portare avanti il lavoro. Tutto fermo, tutto rinviato. Dopo l’estate, sicuramente. C’è chi dice settembre, chi ottobre, chi neppure si sbilancia sulla tempistica. Del resto, è dalla primavera che i rapporti si sono raffreddati, gli incontri diradati e il nervosismo (dei proponenti) cresciuto.
Pallotta non ha più portato avanti il closing con Eurnova (avrebbe dovuto pagare un acconto di dieci milioni su cento per l’acquisizione di terreni e progetto), gli investitori internazionali che dovevano essere alle spalle del patron romanista sono sempre più sfiduciati, il club giallorosso è costretto a ricorrere ai Bond per rifinanziare il suo debito e sostituire il finanziamento di Goldman Sachs.
IL CRONOPROGRAMMA – Come se non bastasse tutto questo, il progetto Tor di Valle ha subito ieri un ulteriore rallentamento. Per il Ponte dei Congressi, infatti, l’unica opera infrastrutturale rimasta in piedi per risolvere il nodo mobilità dopo che è stato depennato dalla lista di investimenti il ponte di Traiano, che avrebbero dovuto pagare i privati ci vorranno non meno di cinque anni. Sempre se tutto va bene.
Il timing è venuto fuori ieri, durante una riunione della Commissione Lavori Pubblici del Campidoglio, nella quale i tecnici capitolini hanno spiegato che non se ne parlerà prima del 2024. Il bando di gara, infatti, dovrebbe essere pubblicato entro la fine dell’anno. Ma poi, con i tempi della burocrazia, tra i tempi di assegnazione della gara, la progettazione esecutiva e la realizzazione definitiva se ne andranno appunto circa cinque anni. Sempre al netto di eventuali ricorsi e controricorsi, e anche escludendo altri intoppi sul percorso.
Tanto per dirne uno, la difficoltà da parte del Campidoglio di portare avanti senza problemi una commissione di aggiudicazione (la casistica di rinvii infiniti è fin troppo lunga). Anche i costi sono lievitati: dai 145 milioni di euro inizialmente previsti, secondo i calcoli del Campidoglio si sarebbe già arrivati a 170 milioni di euro per le modifiche progettuali già adottate, differenza che il Comune deve saldare con un mutuo. In ogni caso, qualora tutto questo venisse superato, resta un fatti: il Grande freddo tra Comune e privati rischia di diventare il gelo assoluto.
FONTE: Il Messaggero – E. Menicucci