La battaglia sullo stadio della Roma sale di livello. E il fronte si sdoppia. L’anticipazione di ieri lanciata da Repubblica che rivela l’ipotesi di costruire il Colosseo del calcio non più sui terreni di Tor di Valle, ma nell’area della nuova Fiera di Roma, riscrive la storia e il futuro del più grande progetto urbanistico della capitale, e aumenta il numero dei contendenti sull’affare edilizio del decennio. Il fronte della battaglia diventa duplice: da un lato lo scontro politico, dall’altro gli interessi industriali.
Edificare lo stadio nei pressi della nuova Fiera scippa al Comune di Roma la più grande opera urbanistica della storia contemporanea di questa città, offrendo su un piatto d’argento a Fiumicino e al suo sindaco Esterino Montino la possibilità di mettersi una medaglietta politica di non poco conto. L’impressione, confermata da alcune fonti qualificate, è che proprio la As Roma (ufficialmente per il momento “non interessata” alla soluzione Fiumicino) sia stufa dei tentennamenti della sindaca Raggi e veda di buon grado l’ipotesi di far entrare in gioco un nuovo soggetto politico, alimentando così una battaglia sull’efficienza e sul consenso, e facendo leva sulla contesa aperta tra il Pd (in crescita nei consensi) e il Movimento 5 Stelle, ancora impegnato a leccarsi le ferite delle elezioni europee.
Esterino Montino, già presidente ad interim ed assessore all’Urbanistica della Regione Lazio, oltre che ex-assessore ai lavori pubblici del Comune di Roma, è la personalità più adatta per raccogliere un progetto come quello dello stadio, superando a destra la lumaca grillina del Campidoglio. Del resto, tutti i protagonisti di questa vicenda sono ormai convinti che prima di settembre il consiglio comunale di Roma non si pronuncerà sulla convenzione che dovrebbe dare il via libera alla costruzione.
Il tempo passa, le inchieste giudiziarie si tirano dietro un pezzo di Campidoglio, e la società di calcio paga un prezzo salato per colpe non sue. Da qui la decisione di aprire un fronte inedito, ma nuovi terreni significano nuovi costruttori. E se non fosse Leonardo Caltagirone, sarebbe comunque un soggetto diverso dalla Eurnova, ex-società di Luca Parnasi. Guardare a una soluzione alternativa è un gioco facile, mentre l’ipotesi Tor di Valle viene frenata dall’immobilismo capitolino.
L’ultima notizia, emersa dalle dichiarazioni della sindaca dopo la sonora sconfitta delle europee, è il possibile slittamento della costruzione del ponte dei Congressi, uno dei progetti inseriti nel piano di mobilità del nuovo stadio. Già in parte finanziata con fondi statali, l’opera non è stata ancora avviata e oggi rischia l’ennesimo rinvio. Gli attuali vertici di Euronova (la società proprietaria dei terreni di Tor di Valle) si dichiarano tranquilli e convinti che l’operazione vada in porto, anche se a Palazzo Senatorio sembra ancora dominare l’incertezza. Serve un piano B, che sia un’ alternativa per la società di calcio, o anche solo di stimolo alla sindaca Raggi.
FONTE: La Repubblica – D. Autieri