Ancelotti, quasi 10 anni fa, si è sbilanciato per iscritto, ufficializzando la sua preferenza per la coppa. Carletto, da emiliano goloso, non ha però guardato alla tavola. Si è fermato davanti alla bacheca e a quel trofeo che ha alzato 3 volte da allenatore (e 2 da giocatore). Di Francesco, pur non avendola mai conquistata, sembra avere la stessa attrazione. Di sicuro non può essere sincero come il collega, conoscendo bene l’obiettivo che gli è stato chiesto da Pallotta: priorità al 4° posto e basta. Ma il suo percorso in Champions, dalla notte del debutto all’Olimpico contro l’Atletico (12 settembre 2017), è inequivocabile: Eusebio si presenta per la seconda stagione di fila agli ottavi, doppia promozione inedita per la proprietà Usa (è accaduto, nella storia giallorossa, solo 11 anni fa, con Spalletti in panchina).
TOP COACH In pochi mesi, e oggi a qualcuno scapperà da ridere, è diventato il testimonial del calcio italiano fuori dai nostri confini, esportando la sua trama organizzata e coraggiosa, mai speculativa. All’estero, più che qui, hanno riconosciuto il merito a di Francesco di aver riqualificato l’immagine della Roma a livello internazionale: con l’exploit nella scorsa edizione, ha portato il club di Pallotta tra i primi 4 club d’Europa, risultato raggiunto solo nella Coppa dei Campioni dell’84 con Liedholm.
Ecco perché la Champions è la competizione di Eusebio, capace di prendersi il 1° posto del gruppo C nel dicembre del 2018, mettendosi alle spalle il Chelsea di Conte ed eliminando l’Atletico Madrid di Simeone che poi avrebbe vinto l’Europa League. Un’autentica impresa, dominando il girone di fuoco. Poi il cinismo spietato contro lo Shakhtar, la rimonta esaltante contro il Barça e quella mancata contro il Liverpool.
ALTO RENDIMENTO L’anno scorso si è guadagnato il rinnovo del contratto proprio per i risultati ottenuti nella più prestigiosa manifestazione continentale. Che hanno fatto crescere il brand della società di Trigoria che, alla vigilia della semifinale d’andata contro il Liverpool, ha finalmente potuto brindare all’accordo con il nuovo main sponsor (Qatar). Più di 13 milioni all’anno, da sommare ai 100 abbondanti arrivati dall’Uefa (biglietteria compresa) per le 12 partite disputate nell’ultimo torneo. A quelli si aggiungono i quasi 70 incassati da settembre. L’Olimpico, almeno in Champions, è il fortino di Di Francesco.
Nell’edizione passata, in 6 partite in casa (5 successi e 1 pari, 12 reti realizzate e 2 incassate), solo il Liverpool riuscì a far gol. Quest’anno, in 3 match, ne è stato capace il Real (che non ha preso reti come l’Atletico). Sono le finaliste del maggio scorso. Davanti al proprio pubblico, insomma, ha costruito la sua avventura, è proprio il contrario di quanto fece la Roma nel campionato scorso (6 ko interni, 7 con quello di Coppa Italia). È la sua coppa, dunque: 9 vittorie e 2 pareggi in 18 partite. E se la vuole tenere stretta anche in questo 2019, anche per convincere Pallotta e il suo consulente Baldini, a prescindere dal piazzamento in campionato, a confermarlo per la prossima stagione.
COPIONE COLLAUDATO E per lasciare la sua impronta come fece nell’annata del suo esordio sul questo palcoscenico ha appena riesumato il suo sistema di gioco preferito, il 4-3-3 che usa spesso anche il il rivale di martedì, l’ex laziale Coinceçao che guida il Porto, mai battuto e soprattutto mai eliminato dai giallorossi. Il dubbio più ingombrante a centrocampo, con Cristante favorito su Nzonzi. Dipende da come sta De Rossi, al quale Eusebio non intende rinunciare. Se Zaniolo parte alto a destra, ballottaggio tra Karsdorp e Florenzi per il ruolo di terzino destro.