Il clima da reunion non l’ha guastato nemmeno quel senso per l’autolesionismo di cui la Roma aveva già dato ampie prove. Il bentornato in Serie A e all’Olimpico a Claudio Ranieri è un gol annullato dal Var all’Empoli a tempo scaduto. Il primo segno di discontinuità col recente passato, forse: un fischio elettronico contestatissimo da Iachini, e benedetto da uno stadio infreddolito che nonostante l’ora e mezza di pioggia caduta sulla sua testa non avrebbe sopportato quella doccia gelata. Domani sarà passata una settimana dalla notte di Oporto che avviò la rivoluzione eppure la freschissima Roma di Ranieri può già giocarsi l’occasione di portarsi, nella peggiore delle ipotesi, a un punto soltanto dal 4° posto. Non subito, prima dovrà passare sulla Spal sabato, quando riavrà Dzeko, Kolarov e Zaniolo, uscito per precauzione: ma il sofferto 2-1 di ieri all’Empoli apre alla possibilità, oltre che a una nuova epoca.
Ed è simbolico che i gol li abbiano segnati El Shaarawy, l’escluso del Do Dragão, e Schick, l’uomo dei rimpianti portoghesi con quel rigore al 120’ che forse avrebbe meritato di ricevere. Raccontano che nei tre giorni di lavoro a Trigoria poche cose abbia potuto fare Ranieri: una era chiedere di giocare in modo semplice, cercando di garantire la difesa. E questo è quello che ha cercato di fare la Roma, pure allungandosi molto, perché più del gioco conta il risultato per dar forza all’inseguimento delle milanesi. Ha imparato a soffrire, a fingersi piccola senza esserlo, a sembrare umile e non arrogante. Anche se per la prima mezz’ora l’unica differenza con la gestione Di Francesco è stata il colore del cappotto, visto che Ranieri al paltò nero del collega ha preferito una giacca a vento bordeaux.
Per questo il pareggio istantaneo dell’Empoli dopo il vantaggio di El Shaarawy aveva fatto rabbrividire. Ancora di più per la forma, visto che a spedirla in fondo alla porta di Olsen era stato il difensore romanista Juan Jesus, che in un delirio mistico doveva aver confuso la porta propria con l’altra. Colpo che avrebbe potuto affondare il Titanic appena riemerso dalla bufera. E invece, proprio a quel punto dev’essere scattato qualcosa. Schick, che tra campionato e Champions non aveva mai segnato nel 2019 (unica gioia, due gol all’Entella in Coppa Italia), s’è tolto il peso di quel digiuno, come a volersi riconoscere in quel ritratto celebrativo in cui s’era dilungato il nuovo allenatore presentandolo come «fortissimo, velocissimo, tecnico».
La sua gara è sostanzialmente finita lì, eppure è quello l’istante che ha deciso la storia di una partita in cui «contavano solo i tre punti», come ha detto El Shaarawy, per la prima volta capitano nel finale dopo che l’arbitro Maresca, in imbarazzo continuo, aveva deciso di cacciare Florenzi. Ovviamente, negli occhi di tutti è rimasto il gol annullato a Krunic quando sarebbe stato troppo tardi per rimontarlo. Decisivo un tocco di gomito di Oberlin in un rimpallo precedente, un dettaglio colto dalla telecamera. L’Empoli era furioso, la Roma sorrideva. «Prendiamo troppi gol, ma la prima è andata», sospirava alla fine Ranieri: a lui, va benissimo così.