Uno degli ultrà arrestati che racconta tutto degli incidenti di mercoledì fuori dello stadio di San Siro. Un capo tifoso dell’Inter che si presenta in Questura dopo essere stato tirato in ballo come presunta mente dell’agguato. Ma soprattutto una nuova pista nella caccia alla macchina che ha investito e ucciso Daniele Belardinelli. Le indagini della Questura di Milano per trovare tutte le risposte sulla guerriglia di Santo Stefano tra ultrà dell’Inter (fiancheggiati da una trentina di tifosi di Varese e Nizza) e del Napoli va avanti e il lavoro sui filmati girati dalle tante telecamere tra via Novara e lo stadio di San Siro sta dando frutti importanti. Diversamente dalle prime ricostruzioni, sembra che l’auto che ha investito Belardinelli, morto all’alba di giovedì in una sala operatoria dell’ospedale San Carlo, fosse diretta allo stadio e non nella corsia opposta al corteo di minibus di tifosi napoletani, come invece detto la mattina dopo l’agguato. Ma c’è di più: l’auto, un piccolo Suv di colore scuro, dopo aver colpito l’ultrà di estrema destra del Varese potrebbe aver continuato la sua corsa verso il Meazza ed essersi fermata nel parcheggio riservato ai tifosi ospiti. È una pista nuovissima, mancano ancora le conferme, ma sarebbe una svolta non da poco.
ARRESTATI — Anche gli interrogatori di convalida degli arresti dei tre ultrà dell’Inter finiti nel carcere di San Vittore per rissa, lesioni e lancio di razzi hanno dato risultati importanti. Francesco Baj e Simone Tira, entrambi 31enni, hanno rilasciato dichiarazioni spontanee («C’eravamo ma non siamo entrati in contatto con i tifosi napoletani», il succo delle loro parole); mentre Luca Da Ros, 21 anni, ha risposto a tutte le domande del gip Guido Salvini, che non ha ancora convalidato gli arresti e si pronuncerà soltanto oggi. Da Ros ha raccontato con estrema precisione tutto quello che è successo mercoledì sera, indicando anche in 4 capi ultrà della Curva Nord, uno dei Boys San, due degli Irriducibili e uno dei Viking, i mandanti dell’agguato ai napoletani definito «squadrista» dal questore Marcello Cardona. Gran parte degli ultrà interisti (in totale 100-150) si sarebbe trovata in un pub in zona Fiera, poi a bordo di 15-20 macchine sarebbe andata nel parchetto di via Zoia dove sono arrivati gli altri tifosi, sono stati recuperati due sacchi con le armi (bastoni, martelli, roncole, razzi, fumogeni) e da dove alle 19.20 è partito l’assalto di via Novara, lo stradone che dalla Tangenziale Ovest porta direttamente allo stadio Meazza.
LEADER — In Questura si è poi presentato spontaneamente uno dei capi ultrà indicato da Da Ros come organizzatore dell’assalto ai minibus nemici. Marco Piovella, 33 anni, detto il Rosso, lighting designer, interrogato come persona informata sui fatti, in serata è tornato a casa ed è indagato a piede libero: «Ha fatto delle dichiarazioni — ha spiegato il suo avvocato, Mirko Perlino — e ha semplicemente ammesso di aver partecipato agli scontri. Punto. Non è né l’organizzatore né tutto quello che è stato detto». Non è stato fermato, però non è escluso che nei suoi confronti possano essere chieste delle misure cautelari. «Stiamo aspettando le decisioni del giudice. Non ha fatto altri nomi, adesso vediamo che cosa succederà