Al netto della salute e del prezzo, ricordo Rafinha come un progetto serio di fantasista. Il suo è un tipo di calcio che nell’Inter non c’è, quindi servirà. Mi fido molto dei giudizi di Luis Enrique, uno dei tecnici più intelligenti d’Europa. E lui ha sempre creduto e voluto Rafinha. Se è quasi in condizione di giocare potrebbe aver trovato il momento giusto per arrivare. Dopo la Roma l’Inter avrà Spal, Crotone, Bologna, Genoa, Benevento, 5 partite non da esperimento ma che dovrebbero restituirle molta classifica. Il problema è oggi. La partita con la Roma non è giudicabile perché non sappiamo che squadre troveremo. Nel mese prima della sosta l’Inter ha lasciato 10 punti a Napoli e Juventus, 2 ogni gara. La Roma 8. Sono state entrambe squadre pigre, senza la personalità dimostrata nelle altre 15 partite. Non so cosa abbia ottenuto la sosta.
La Roma ha perso Perotti, l’Inter è al completo. L’uomo in più da recuperare oggi mi sembra però soprattutto Spalletti, giunto molto provato alla pausa. Ha perso il tocco magico e acquistato qualche insicurezza. Ha corso troppo e ottenuto tanto con un’Inter poco diversa dal grigio degli ultimi anni. È come sentisse che tutta la sua carriera troverebbe un muro se non riuscisse a dare diversità alla squadra. L’Inter divora i suoi figli, non ha mai tempo. Spalletti avverte il limite e non lo accetta. Sa di non meritarlo, per questo è inquieto. Questa è la sua partita. Non perché dall’altra parte c’è la Roma, ma perché deve trovare un’altra idea nella sua bottega di grande artigiano. Quelle di sempre non sono bastate. Non è una partita normale, normalmente Inter e Roma si annullerebbero. Serve un’idea, serve il vecchio genio. O tutto tornerà a essere inutile, compreso lui e Rafinha.