«Io presenterò una denuncia penale e un esposto al Tar. E con me lo faranno altri 5Stelle». Francesco Sanvitto, coordinatore del tavolo urbanistica del M5S, è un architetto e il “dossier stadio” lo conosce «da almeno 3 anni». Quando parla davanti a una cinquantina di persone (tutti attivisti e convinti sostenitori del Movimento nella capitale) non sa che quella che definisce «squallida trattativa» tra Campidoglio e la As Roma ha raggiunto un’intesa. Non sa nemmeno che Paolo Berdini si è dimesso. Ma a lui e agli altri che affollano la sala al piano — 1 di via Tirone 11 (già comitato elettorale di Virginia Raggi) delle sorti dell’urbanista interessa poco. Lo considerano già un ex con cui, per altro, «è stato difficile avere un’interlocuzione in questi mesi. E se veramente avesse voluto stoppare lo stadio avrebbe potuto portare avanti una serie di azioni». Per esempio la contro-delibera per annullare l’atto con cui ai tempi di Marino venne con- cessa al progetto la “pubblica utilità”. Una proposta che Sanvitto e gli altri componenti del tavolo urbanistica hanno inviato al Campidoglio più di un mese fa. «Ma nessuno ci ha dato una risposta. E Berdini ha preferito scrivere due giorni fa quella lettera da vittima al ‘BUUP».
Sull’arena di Tor di Valle la base M5S è letteralmente in subbuglio. Pronta a decidere le strade da percorrere per provare a ribaltare una scelta che ai partecipanti a questa riunione piace molto poco. Sanvitto espone con passione le sue tesi e gli altri attivisti («Siete molti più dei soliti 10-15 partecipanti a questo tavolo») lo ascoltano con attenzione. C’è anche Francesca De Vito, la sorella di Marcello, presidente dell’Assemblea capitolina, uno degli esponenti M5S coinvolti nella partita dello Stadio. La prima domanda è sua: «Come mai un tavolo di attivisti non si è rivolto ai portavoce e ha parlato con l’assessore? Perché diciamo no a un progetto che rimette in moto l’economia e crea posti di lavoro?». «Noi non siamo contro lo stadio — ribadisce Sanvitto — è legittimo che una società sportiva se ne costruisca uno tutto suo. È giusto anche che ci mettano ristoranti e negozi. Ma non si può truffare la città dicendo che è un’opera indispensabile».
E poi c’è il problema della procedura: «Si è utilizzata la legge sugli stadi che va in deroga al piano regolatore — illustra ancora Sanvitto — per mascherare un cosiddetto “piano particolareggiato” che invece prevede altre prescrizioni». Insomma, per molti attivisti lo strumento utilizzato è «illegittimo». Anche per questo verrà presentato un esposto a Tar e procura. «Ma non come quello confuso portato avanti in passato dai nostri consiglieri ai tempi della giunta Marino. Allora denunciammo un atto non concluso. Bisognava aspettare la fine dell’iter. Lo faremo ora», assicura l’architetto.
Anche se l’obiettivo, per i componenti del tavolo urbanistica, è quello di ottenere l’annullamento di quella delibera. «Più efficace e meno rischioso della revoca — prosegue Sanvitto — perché la revoca espone alla possibilità di cause di risarcimento. Mentre l’annullamento, se ben motivato, non comporta rischi». Il Campidoglio, però, pare ormai aver preso una decisione. Una scelta che la base, almeno quella rappresentata al tavolo urbanistica, non condivide. E la domanda che si rincorre più spesso nei conciliaboli tra attivisti è solo una: «Ma perché in Campidoglio fino a qualche mese fa erano convinti che lo stadio fosse uno scempio e poi hanno cambiato idea?».