Un lunghissimo tapis roulant. Ha sembianze simili la pista percorsa dalla Roma in campionato fin dall’esordio, quando l’obiettivo dichiarato era quello di arrivare fra le prime quattro. Una corsa troppo spesso diventata camminata lenta e più volte trasformata in sosta. Con quel traguardo chiamato qualificazione Champions sempre a portata di vista, ma mai raggiunto. Come se il tappeto sotto i piedi facesse muovere la squadra su se stessa. Senza mai occupare le posizioni prese di mira, oscillando fra il quinto e il tredicesimo posto in classifica. In una stagione costellata più di bassi che di alti, era inevitabile lambire anche l’inferno della graduatoria.
È successo all’inizio della stagione, quando dopo l’illusorio colpo esterno sul campo del Torino, la squadra ha inanellato la prima serie nefasta. Addirittura quattro partite senza vittorie dalla seconda giornata, contro avversari tutt’altro che irresistibili: l’Atalanta in casa (che nel primo tempo avrebbe meritato di dilagare e invece si ferma sul 3-1, permettendo una rimonta a metà); un Milan molto lontano dalla sensazione di solidità diffusa nell’ultimo periodo; il Chievo ancora col segno meno in classifica per la penalizzazione, capace di rimontare un doppio svantaggio all’Olimpico e sfiorare la vittoria in pieno recupero; il Bologna con zero gol realizzati nelle prime quattro gare e due rifilati ai giallorossi in novanta minuti. Proprio al termine del match del Dall’Ara viene toccato l’abisso più profondo, con cinque punti conquistati (si fa per dire) in altrettante giornate, la quarta già a punteggio doppio e la prima a distanza siderale, dieci lunghezze più su. (…)
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