«Luca Parnasi mi sollecitò a provvedere il prima possibile, come se subisse pressioni dalle persone che dovevano ricevere i soldi». Tra i «non sono mai venuto a conoscenza di cose illecite» e «se avessi avuto contezza di illeciti avrei subito abbandonato tutto», c’è anche chi, a differenza di Gianluca Talone e Simone Constata (collaboratori di Parnasi), non fa una gara di amnesie. Nei verbali di interrogatorio depositati dalla procura di Roma in vista del Riesame relativo alla vicenda stadio, emergono particolari interessanti. C’è una donna che è stata chiamata a testimoniare come persona informata sui fatti. Lavora con il gruppo Parnasi dal 2011. E sa «delle erogazioni liberali in favore di politici». All’inizio erano «pagamenti di cene in periodo di elezioni». Era lei ad annotare «tutto su un quaderno e ho creato un file sul mio computer in word il cui titolo è “bonifici Figepa (o Sogepa non ricordo con esattezza) per Giacomo». Aveva i nominativi dei beneficiari e ai pm racconta che «l’importo era sempre lo stesso, ossia 4500 euro Alcuni dei nomi, come Ciocchetti e la Polverini, hanno avuto bonifici di 4500 euro da ciascuna delle società». La testimone spiega: «Non so esattamente per quale motivo l’importo dovesse essere di 4500 euro, se non ricordo male mi è stato detto che l’elargizione, in tale misura, avrebbe potuto non essere dichiarata». E quando c’era un problema con i bonifici Parnasi sollecitava: «Come se subisse pressioni».
Ai magistrati affida un ricordo: «E’ uscito un articolo sull’Espresso e Luca Parnasi e Gianluca Talone parlavano e mi sembravano piuttosto preoccupati. Ho chiesto a Talone il quale mi ha detto che non poteva parlarmene – spiega – Ho poi saputo da Mangosi che sarebbe uscito un articolo per alcuni finanziamenti fatti alla Lega. Tutti erano in subbuglio e se non ricordo male Gianluca avrebbe dovuto parlare con qualcuno dei beneficiari. lo ho pensato che quel finanziamento non poteva essere fatto. La situazione si è poi risolta e il giorno seguente erano tutti molto tranquilli». Ai pm la testimone ha confermato il rapporto con San Mauro e quello con il direttore della Soprintendenza archeologica di Roma, Francesco Prosperetti, ma «solo per le lettere inviate in relazione alla Tribuna di Tor di Valle».
Ha contezza dell’agenda di Parnasi. Fogli che raccontano 3 appuntamenti con l’ex consigliere regionale Adriano Palozzi. E spiega: «Non mi risultano erogazioni liberali in favore di Palozzi». Michele Civita invece al gip ha ammesso che «il mio errore di aver chiesto a Parnasi di aiutare mio figlio per intraprendere un’attività professionale, per me la vicenda dello Stadio era chiusa». Al Dg della Roma invece i pm hanno chiesto dell’avvocato Lanzalone: «Ci è stato presentato dall’amministrazione comunale, e specificamente dalla sindaca, come il loro consulente che si occupava degli aspetti tecnico amministrativi del dossier stadio, e in tale qualità guidava la delegazione del Comune». Lanzalone si sarebbe interfacciato con la società «fino al momento in cui è stato arrestato era lui il nostro interlocutore per conto del Comune». Una versione simile a quella fornita dal Dg del Comune Franco Giampaoletti.
Arrivano le prime ammissioni. Luca Caporilli, uno dei più stretti collaboratori di Luca Parnasi, ieri ha risposto per oltre sei ore alle domande del pm Barbara Zuin. Recluso da una settimana nel carcere Regina Coeli con l’accusa di far parte di un’associazione a delinquere guidata dal costruttore che vuole realizzare il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, Caporilli ha ammesso che Parnasi foraggiava i politici di tutti gli schieramenti (5 Stelle compresi), con l‘obiettivo di farseli «amici» e di ottenere da loro vantaggi che potessero tornare utili ai suoi progetti imprenditoriali. Il funzionario della società Eurnova, assistito dagli avvocati Pierpaolo Dell’Anno e Michelangelo Curti, ha confermato anche la tesi della Procura sul ruolo di Luca Lanzalone: «Per noi il referente del Comune era lui. Alle 4-5 riunioni in Campidoglio a cui ho partecipato, era sempre presente Lanzalone». Secondo quanto accertato dai carabinieri del Nucleo investigativo, Caporilli, nell’ambito del progetto sullo stadio, «curava per conto del capo, i rapporti con le figure professionali ingaggiate per la mediazione illecita con i funzionari della Sovrintendenza e del Mibact, ovvero nel gestire le operazioni corruttive riguardanti Daniele Leoni, Paolo Ferrara, Giampaolo Gola e Luca Lanzalone».