«Sarà una battaglia e voglio vedere una squadra determinata, esattamente come quella che avremo davanti». Per il suo esordio in Champions, probabilmente, Eusebio Di Francesco non poteva chiedere di meglio. Nel senso che l’avversario è duro, per alcuni versi anche durissimo, è vero. Ma è proprio quello che ci vuole per una Roma che deve svegliarsi dal torpore di questi diciotto giorni senza calcio e senza tensione agonistica. Quella che, inevitabilmente, non può mancare contro una squadra allenata da Diego Simeone. Ecco, anche per questo forse è l’esordio giusto per Di Francesco. Perché il tecnico giallorosso con Simeone qualche conto aperto ce l’ha, ad iniziare da quelle sfide face to face ,in mezzo al campo, che da calciatore l’hanno visto quasi sempre soccombere.
IN CAMPO – Nella loro prima vita, quella da calciatori, Di Francesco e Simeone si sono affrontati in dieci occasioni. È successo nel ‘91-92 (le sfide tra Pisa e Lucchese in B) e poi quando Eusebio indossava la maglia della Roma e Diego ballava tra Inter e Lazio e quando poi Difra è volato a Piacenza ed ha continuato ad incrociare il Cholo biancoceleste. In tutto, però, Di Francesco ha portato a casa due sole vittorie (il derby vinto 4-1 nel ‘99-00, tra l’altro da subentrato e una con la Lucchese), per il resto due pari e sei sconfitte (compreso il clamoroso 5-4 dell’Inter all’Olimpico del 3 maggio 1999, con Eusebio che segnò il 4-4 della speranza giallorossa e Simeone a siglare in extremis il 5-4). Insomma, non proprio un ruolino incoraggiante, su cui pesano anche 4 sfide saltate (i due derby del 2000-01, assente Difra, e due sfide con Eusebio a Piacenza). Stasera è l’occasione per iniziare a riscattarsi.
DENTRO O FUORI – Del resto, questo per Di Francesco è un esordio speciale. Perché nell’Europa dei grandi ci arriva con la squadra che sente più sua e perché qualcosa in Europa ha già fatto con il Sassuolo. Ma vuoi mettere, la Champions è tutta altra cosa. «Mi auguro sia un esordio vero, la Roma ha vinto pochino in Champions, può essere determinante per la qualificazione», dice lui. Già, ed infatti è già quasi dentro o fuori. Nel senso che vincere o perdere fa tutta la differenza nel mondo, mettendo in preventivo i sei punti (sulla carta) con il Qarabag. «L’Atletico è una squadra che ha identità, sa quello che vuole – continua il tecnico – Due finali di Champions non le fai per caso, si vede che c’è un grande lavoro, pure mentale. In questo Simeone è un grandissimo tecnico. E per poter competere con loro dovremo mettere in campo le loro caratteristiche, essere al loro livello dal punto di vista dell’equilibrio e della battaglia. Avremo bisogno di giocatori come Strootman, di carattere, che si assumano le proprie responsabilità. E che mettano sul campo tutto quel che hanno».
CARATTERE – Insomma, la strada è tracciata, alla faccia del (presunto) integralismo. Stasera, probabilmente, Di Francesco andrà sì a caccia del bel gioco, ma anche del furore agonistico. Insomma, un po’ spada e un po’ fioretto, perché poi le battaglie si vincono così, con qualità e personalità. «Voglio una squadra che resti sempre corta e compatta, sia nella fase offensiva sia in quella difensiva – chiude Di Francesco – Il fatto di non aver giocato a Genova può essere un vantaggio perché non abbiamo viaggiato, avendo più tempo per preparare questa sfida. Ma è sicuramente uno svantaggio per la classifica della A, perché vederci così indietro può non aiutarci mentalmente». Già, ma a quello ci si penserà da sabato, col Verona. Ora c’è l’Atletico di Simeone e Difra, per il suo esordio, ha qualche conto da sistemare.