Quota dieci. Un altro assessore, questa volta un peso massimo, abbandona la nave grillina nel pieno della tempesta. Perché la bufera ieri si è allargata in fretta: non bastasse l’arresto del presidente dell’Assemblea capitolina, quel Marcello De Vito finito in carcere per corruzione, a distanza di 24 ore è arrivata un’altra batosta per la giunta Raggi. Daniele Frongia, a sua volta indagato per corruzione nella prima tranche dell’inchiesta sullo Stadio per la Roma per aver consigliato l’ingaggio (mai formalizzato) di una sua conoscente a Luca Parnasi su richiesta dell’imprenditore, ieri sera ha salutato il Campidoglio.
Nella borsa i ricordi da consigliere d’opposizione, la storiaccia (non confermata) del dossieraggo architettato ai danni di De Vito per scalzarlo dalla corsa alla cand-datura a sindaco, un libro sugli sprechi del Campidoglio e le chat dei “Quattro amici al bar” con l’ex braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, e il vecchio segretario politico Salvatore Romeo. Il judoka ultraraggiano, vicesindaco fino allo scoppio del caso Marra e poi assessore allo Sport con la passione per il nuoto e gli scacchi, ieri ci ha pensato su per un intero pomeriggio. Poi, per non mettersi contro il capo politico Luigi Di Maio e il resto del Movimento, ha mollato: “Mi autosospendo dal M5S e rimetto le deleghe allo Sport nelle mani della sindaca per una questione di opportunità politica, nel rispetto degli attivisti e di chi ci sostiene ogni giorno, ma soprattutto nel rispetto degli stessi principi che mi spinsero molti anni fa ad aderire a una forza politica trasparente e in cui credo fermamente”.
Dimissioni secche, ma che lasciano Frongia ancora in bilico. Chiuso fino a tarda sera in Campidoglio con la prima cittadina, l’assessore sotto inchiesta ha ribadito la sua decisione. Una presa di posizione arrivata dopo l’accesso con cui la scorsa settimana ha scoperto di essere indagato. Poi ha ripreso le parole dei suoi due avvocati, gli stessi Alessandro Mancori ed Emiliano Fasulo che hanno difeso la sindaca nel processo per falso: “La posizione del nostro assistito sarà definita a breve con una richiesta di archiviazione”. Dichiarazioni che, lette in serie, hanno scatenato più di una perplessità tra i consiglieri: “Ma che vuol dire? Tornerà quando verrà scagionato?”.
Si vedrà se le dimissioni saranno solo una mossa di facciata. Sulla decisione resta comunque il marchio del Movimento nazionale. Ieri Di Maio si è fatto sentire con la sindaca. Poi ha mandato a palazzo Senatorio due suoi emissari il suo capo staff (e fedelissimo di Casaleggio) Max Bugani e il dputato romano Francesco Silvestri. Una doppia presenza che in tempo di assoluta crisi e alla vigilia delle europee ricostituisce il vecchio asse Roma-Milano. Allungando la vita a Virginia Raggi: sconfessate he ipotesi che nel primo pomeriggio la davano vicina alle dimissioni assieme al resto della giunta, la sindaca andrà avanti. Senza De Vito e Frongia, con una ciurma di eletti ancora sotto schiaffo e gli occhi dei big del Movimento di nuovo puntati addosso.
In vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo —non fossero sufficienti gli inciampi e le inchieste collezionate fino a questo momento in Comune – non sono più ammessi errori. Non ne vogliono vedere più i consiglieri. Duri, durissimi come Andrea Coia pochi istanti dopo la notizia dell’indagine su Daniele Frongia: “Servono persone più forti in Campidoglio”. Ma determinati, per quanto possibile, ad andare avanti. La prima cittadina ha promesso uno screening sugli atti di De Vito e ora potrebbe fare lo stesso con quelli dell’assessore allo Sport congelato e in attesa di verdetto sia giudiziario che politico. Ma non è finita qui. Perché la maggioranza rilancia. Anche sullo stadio della Roma. Ieri mattina, prima della nuova grandinata, it capogruppo Giuliano Pacetti spiegava che «il controllo sugli atti sta per essere completato. Se tutto sarà in ordine, andremo avanti. Ci sono no dei contrari? Nel Movimento si vota a maggioranza…E chi non rispetta questa regola ne risponde personalmente”, completava il ragionamento il solito Coia.
Come a dire, chi non vota con il gruppo fuori insomma, la tensione è massima. E a doverla stemperare nelle prossime ore sarà il neopresidente dell’aula Giulio Cesare, Enrico Stefano. II giovane successore di Marcello De Vito e reduce, assieme alla sindaca, dei “Fantastici quattro” che in era Marino occupavano gli scranni dell’opposizione. Ora dovrà accogliere anche il sostituto del suo predecessore. La prima dei non eletti, Cettina Caruso, spiega di non aver “ancora ricevuto alcuna comunicazione” e non si sbilancia. Anzi, minaccia querela a chiunque la contatti al telefono. Poi in lista ci sarebbe Francesco Silvestri, ma è già deputato. Quindi sotto con l’architetto Carlo Maria Chiossi: «Sto valutando, certo che la situazione non è delle migliori in Comune… mi sono candidato per le europee. Lì non ci sono molte speranze. In Campidoglio, invece… vediamo”.